Perché Giovanni Floris è passato a La7? Per i soldi? Perché i rapporti con la RAI per qualche misterioso motivo non erano più buoni? Perché è ambizioso e a La7 vuole fare le cose alla grandissima, fino a far schiattare d’invidia mitraglietta Mentana? Non lo sappiamo, non cerchiamo di saperlo, e non ce ne importa un fico secco. Anche perché lo sappiamo: sì, noi possiamo offrire al vasto pubblico dei babbei (soprattutto di destra) la spiegazione profonda, la spiegazione recondita, la spiegazione sociologica dell’affare. Floris è un personaggio made in RAI3. Ci arrivò nel 2002 per sostituire l’insopportabile Michele Santoro, cacciato finalmente dalla RAI (troppo poco) berlusconiana dopo lustri di partigianeria piagnona. Per Santoro si aprirono le porte della cattività brussellese, cioè dell’esilio dorato al parlamento europeo. Ma nel 2006 era già di ritorno alla RAI. Anche Santoro era un personaggio made in RAI3. Come tale la sua cacciata era concepibile solo come il frutto di una persecuzione. Un intrattenitore, un presentatore, un giornalista, un qualsiasi tirapiedi made in RAI3 rappresenta sempre un valore aggiunto democratico, anche se è un perfetto imbecille. Ergo, ridimensionarlo vuol dire colpire la democrazia. Ergo, non si può mai ridimensionarlo. E così il sostituto Floris rimase a RAI3 e Santoro trovò casa a RAI2. Ed è così che un poco alla volta i personaggi made in RAI3 hanno invaso la RAI. E ormai questi raccomandati di ferro non si sa più dove metterli. E mentre Floris diventerà milionario a La7 un altro pollo di allevamento della società civile, anche più irritante di Floris, prenderà il suo posto: esemplare vicenda la cui dinamica spiega bene come i figli della Migliore Italia, piangendo calde lacrime sulle sorti della nostra «incompiuta democrazia», un passo alla volta l’abbiano okkupata tutta, a tutti i livelli, e con profonda soddisfazione.
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