(Tratto dal n° di novembre 2015 di Affari di gola)
“Sapete come nascono i bambini? Sotto un cavolo”, esclamavano divertite e con un pizzico di malizia le contadine affaccendate nei campi, quando vedevano passare qualche giovanotto. Quelle ragazze, che nel secolo scorso raccoglievano cavoli nelle piantagioni dell’Europa centrale con un punteruolo di legno, erano chiamate levatrici. Proprio come le ostetriche. Già, perché il loro compito era tagliare il cordone ombelicale che legava metaforicamente questi ortaggi alla terra. Eppure, la fantasiosa interpretazione di quelle giovani donne laboriose sull’origine della vita traeva spunto da presupposti reali. Simbolo di fecondità, il cavolo veniva seminato in marzo e raccolto dopo circa 9 mesi, come accade per la gestazione. In passato questa pianta rappresentava l’unico alimento capace di garantire il giusto apporto di vitamine e sali minerali nei freddi periodi invernali. E ancora oggi resta una delle verdure più gettonate, grazie alle molteplici proprietà benefiche e antitumorali decantate da esperti nutrizionisti. Arancioni, verde smeraldo e persino viola, le varietà di cavolo presenti in natura sono le più disparate. Nell’arco dei millenni, infatti, la grande famiglia delle brassicacee ha subito parecchi incroci che hanno prodotto una gamma pressoché infinita di queste piante. Dal pak choi orientale al cavolo nero toscano, dai broccoli ai cavolini di Bruxelles, dal cavolo riccio a quello rosso, dalle cime di rapa alla verza, c’è davvero l’imbarazzo della scelta per chi vuole sbizzarrirsi tra i fornelli.
Fulvio Bosatelli ed Ezio Benigni
Eppure i bergamaschi a tavola scelgono quasi sempre la tradizione. E così, quando vanno a fare la spesa, preferiscono andare sul sicuro acquistando i cavolfiori bianchi: “I primi freddi hanno incentivato i consumatori ad acquistare cavoli per i minestroni o per le insalate a base di verdura cotta – conferma Ezio Benigni della BBR ortofrutta azienda che si occupa di commercio all'ingrosso di frutta e ortaggi freschi o conservati all’Ortomercato di via Borgo Palazzo – il più acquistato è il cavolfiore bianco, seguito dal romanesco a piramide che ha un sapore più dolce, e dai broccoletti. Il cavolo verde tondo, invece, si vende di più nel Bresciano e nel Veronese che in Bergamasca”.
Fabio Eustacchio
Il prezzo dei cavoli può variare in base alla richiesta e alla deperibilità come spiega Fabio Eustacchio, Orticola Eustacchio di Levate: “I cavoli che porto all’ortomercato di Bergamo sono stati raccolti il giorno precedente. Più tempo restano sui bancali, più il prezzo scende. Dopo la raccolta, un cavolo può durare circa una settimana prima di finire in padella. Ovviamente, prima lo si consuma, maggiori sono le proprietà nutritive di questo ortaggio. Per esempio a metà ottobre vendevo cavolfiori, broccoletti e cavolo romanesco a 80 centesimi al chilo, a fine ottobre a 1,20/1,50 al chilo. Il cavolo verza, invece, ha prezzi più stabili dai 40 ai 60 centesimi al chilo. Il problema è che ormai la gente è poco abituata a seguire la stagionalità di un prodotto. Oggi si trovano frutti e ortaggi estivi tutto l’anno, ma il prezzo in inverno è il doppio e la qualità è inferiore. E noi produttori diventiamo matti per accontentare il cliente”. Dietro ogni ortaggio che finisce sui bancali, insomma, si nasconde una lunga storia. “E se i clienti la conoscessero – prosegue Fabio Eustacchio – pagherebbero volentieri il doppio per portarsi a casa questi cavoli. Per me lavorare è una passione, dormo pochissimo, mi alzo alle 2.30 per andare all’ortomercato di Bergamo a vendere la mia verdura. Ho 30 anni e lavoro in questa azienda insieme a mio padre Ferrante, a mio fratello e a mio zio da quando ne avevo 15. I cavoli che sto vendendo in questo periodo li ho seminati a maggio e raccolti a ottobre. Abbiamo avuto un buon raccolto, nonostante il caldo estivo. Per fortuna non ci sono state forti grandinate. Quando ad agosto la temperatura è salita a quasi 40 gradi, ho passato intere giornate a innaffiare con cura le mie piantine e c’è una grande soddisfazione quando alla fine le vedi crescere bene, proprio come un figlio. Il vero ortolano non ha l’orologio al polso, segue la luce del sole. Quando viene buio presto, si passa dai campi al magazzino”.In generale, il consumo di cavoli quest’autunno è aumentato. Cavolfiore bianco, broccoletti e cavolo romanesco restano i più gettonati mentre le varietà colorate, dal viola all’arancione, rappresentano un mercato di nicchia e, vista la richiesta limitata, parecchi agricoltori sono restii a produrlo. A confermare questa tendenza è Martino Bonacina che, insieme al fratello Giancarlo, gestisce un’azienda agricola in via San Martino della Pigrizia: “Ho provato a coltivare i cavolfiori viola ma su 50 piante raccolte, 30 le ho mangiate io perché i bergamaschi preferiscono i prodotti classici. I tradizionali cavolfiori bianchi sono quelli che vanno di più. Al secondo posto c’è il cavolo romanesco a pigna. Qui sui colli i cavoli crescono molto meglio che in altre zone della Bergamasca. Il clima, l’orientamento dei raggi solari, la posizione, favoriscono la produzione. Ultimamente va molto di moda anche il cavolo nero. Colpa di Antonella Clerici che nel suo programma ha sponsorizzato molto questa varietà che, fino a qualche tempo fa, era appannaggio della Toscana. Vista la crescente richiesta, l’anno prossimo ne produrrò qualcuno in più”.Angelo Viscardi
Tra le biodiversità più amate nel nostro territorio c’è poi una produzione autoctona: il cavolfiore dei Colli di Bergamo. Merito delle sue piccole dimensioni e delle sue foglie tenere. A coltivarlo da anni, con cura e dedizione, è Angelo Viscardi che nella sua azienda agricola in Borgo Canale fa crescere questi cavolfiori i cui semi vengono tramandati da generazioni. “Tutto è iniziato con mio nonno Luigi, poi è subentrato mio papà Battista e ora tocca a me conservare e preservare questa semenza di cavolo marzatico. Sono ormai rimasto uno dei pochi contadini a produrla. Ad ogni raccolto si selezionano i semi delle piante più belle e si riseminano la stagione successiva. Il mio cavolfiore si differenzia da quelli che si trovano in commercio perché è più piccolo e ha un colore panna-avorio. Le sue foglie sono così tenere che si possono mangiare cotte nel minestrone, hanno molte proprietà benefiche e curative. Sui Colli il mio cavolfiore cresce bene perché resiste alle gelate. Coltivo anche il cavolo nero perché c’è molta richiesta ma non con semi autoprodotti. E poi ho le foglie di verza che sono molto utilizzate nei ristoranti della Valle Seriana, in particolare a Clusone, per la preparazione del Capù, involtino di verza ripieno di carne trita”.