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Perché i buoni propositi vanno…in fumo?

Da Psytornello @psytornello

Perché i buoni propositi vanno…in fumo?

Il post di oggi è dedicato alla dipendenza da fumo. Perché è tanto difficile smettere? Perché nonostante le numerose campagne televisive di promozione della salute questo vizio continua a diffondersi? Cercheremo di capirlo insieme. 

Quando si parla dell’effetto nocivo delle sigarette, fumatori e non fumatori hanno ottime argomentazioni per sostenere le loro posizioni. Osserviamo la tabella seguente:

SI DICE CHE:

 REAZIONE DEL

NON FUMATORE

 REAZIONE DEL

FUMATORE

La sigaretta contiene un mix di sostanze cancerogene

Ma come è possibile inalare elementi così dannosi per l’organismo?

Sono altrettanto dannose le sostanze presenti nell’aria che respiriamo

E’ ogni giorno più costosa

Figuriamoci se butto il mio denaro acquistando sigarette

Beh, mal che vada fumo meno o ne “scrocco” qualcuna

Può avere un’influenza negativa sulla virilità

Io per fortuna non corro il rischio

La sigaretta mi aiuta ad allentare i miei freni inibitori

Invecchia la pelle

Avrò una pelle più liscia e distesa

Tutti invecchiamo e le rughe arrivano sul viso di tutti prima o poi

Altera il gusto

Mangio con piacere gustando ogni sapore

Sono meno soggetto al rischio di ingrassare

Quanto riportato in tabella è la dimostrazione del fatto che la mente spesso utilizza una logica non ordinaria. Con questa espressione si intende il fatto che la conoscenza e la consapevolezza molte volte non sono affatto utili a produrre un cambiamento nel comportamento, anzi possono addirittura bloccarlo. Nello specifico per i fumatori, la conoscenza degli effetti dannosi del fumo pare non essere un fattore determinante per abbandonare il vizio.
Infatti, pare che a nulla valgano i moniti presenti sui pacchetti di sigarette: “Il fumo nuoce gravemente alla salute”, “Il fumo uccide”, “Il fumo danneggia gravemente te e chi ti sta intorno“, etc… Anche le restrizioni adottate dai locali pubblici (oramai ci sono divieti un po’ ovunque) non paiono aver sortito un grande effetto: anzi, la battaglia anti-fumo aggrega ancor più tra di loro i fumatori accaniti, che si sentono una minoranza discriminata. Li vediamo fumare furtivamente ovunque sia possibile e con qualunque condizione atmosferica e i pochi luoghi a loro riservati, simbolo del peccato (e dunque del piacere!), amplificano la sensazione di diversità ed esclusività. E poi, da che mondo è mondo, più è ferrea la proibizione, più aumenta il desiderio di trasgredire.
Altro aspetto da considerare è che la sigaretta è facilmente a portata di mano per essere presa, manipolata, avvolta tra le labbra e assaporata. Emana odore, calore e dà sollievo nei momenti di benessere. E’ merce di scambio e facilita relazioni positive con altri: la si offre e la si accetta come gesto di cortesia. Chi inizia a fumare, spesso ancora adolescente, lo fa per conquistare attraverso quella degli altri, la stima si se stesso, per sentirsi adulto e bruciare le tappe. Con il passare del tempo però il fumare si svuota di qualsiasi significato simbolico, divenendo un gesto sempre più ripetitivo, meccanico e vuoto, un rituale che scandisce la giornata: si accende la sigaretta dopo il caffè, quando si sale in macchina, prima di un’attività che richiede concentrazione, quando ci si sente nervosi…

Ma oltre al piacere di “infrangere la regola”, oltre al valore simbolico della sigaretta, cosa innesca la dipendenza da fumo?
Iniziamo col dire che la sostanza principalmente coinvolta nel creare dipendenza è la nicotina. Una volta inalata, i suoi effetti si manifestano nel giro di una ventina di secondi. La nicotina sollecita l’attivazione dei neuroni implicati nei meccanismi di memoria e apprendimento, quindi ci si sente più concentrati e vigili. Inoltre stimola la produzione di dopamina, sostanza che crea sensazioni di piacevolezza e benessere, e di glutammato, coinvolto nell’apprendimento e nella produzione di endorfine (solitamente secrete in concomitanza di situazioni piacevoli per l’individuo).
La nicotina nel tempo promuove assuefazione e tolleranza: la quantità di sostanza diventa man mano insufficiente a generare gli effetti benefici sopra elencati e il fumatore è portato dunque ad incrementare il numero di sigarette. Altrettanto caratteristico della dipendenza da fumo è il craving, ovvero il desiderio quasi incontrollabile di ricorrere alla sigaretta in qualsiasi momento. Di contro, la diminuzione dell’apporto di nicotina fa sentire il fumatore meno lucido, meno produttivo e più nervoso. Si manifestano i sintomi di una vera e propria crisi di astinenza: insonnia, frustrazione, rabbia, irrequietezza, impazienza… Ne consegue che, per evitare queste sensazioni spiacevoli, è necessario ricorrere alla sigaretta come ad un’ancora di salvezza. E così si innesca la dipendenza.

Tutto ciò considerato, appare evidente che l’estrema difficoltà a smettere di fumare non è dovuta ad una banale “mancanza di volontà” perché come abbiamo visto concorrono alla dipendenza oltre che fattori psicologici e sociali, anche fattori fisiologici. Possiamo infatti dire che nel fumatore vengono modificati i meccanismi del piacere e del volere: non si ricerca più il piacere della sigaretta ma si cerca esclusivamente di evitare gli sgradevoli sintomi da astinenza da nicotina. Il fumare diviene così un atto meramente compulsivo.
Ma allora, è possibile smettere di fumare? Recenti statistiche indicano che la percentuale di riuscita di chi decide di smettere (e ci riesce) è di circa il 91%. Il primo ingrediente indispensabile per uscire dalla dipendenza è la motivazione del fumatore, la collaborazione attiva al processo terapeutico. A ciò possono essere abbinati i seguenti metodi:

- farmacologici;
- psicologici;
- fisiologici;
- combinati.

Avremo modo di approfondirli in uno dei prossimi post…

Fonti:
Ravenna M. (1997), Psicologia delle tossicodipendenze, Il Mulino, Bologna
Skorjanec B. (2008), Come smettere di fumare, Ponte alle Grazie, Milano


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