Perché i politici usamericani STANNO ZITTI davanti alla catastrofe europea.

Da Roxioni
Deprimenti prospettive economiche.
Dopo le elezioni greche, la paura ha colpito i cuori dei bankster globali, la ricaduta rimane incerta. Se le prossime elezioni greche (17 giugno) produrranno un governo anti-austerità, la Grecia quasi certamente intraprenderà una rapida uscita dall’euro. Se ciò accadesse - e questo sembra sempre più inevitabile - le conseguenze per l’economia globale sono spettacolarmente deprimenti. Eppure i media e politici degli USA sono in larga parte silenti sulla questione, quasi come se nulla stesse accadendo...
Che cosa accadrà quando la Grecia abbandonerà l’euro? Le banche estere detengono più di 90 miliardi di dollari di debito greco nei settori pubblico e privato. Queste perdite enormi potrebbero benissimo far crollare le banche, sia in Europa che all’esterno dell’Eurozona.Inoltre, i paesi della zona euro, che investiti dalla bufera stanno lottando, come Italia, Spagna, Portogallo e Irlanda, vedranno i costi del prestito per il loro finanziamento andare alle stelle, poiché i ricchi saranno sempre più riluttanti a perdere soldi in investimenti nei paesi a rischio euro, assicurando una spirale ad ulteriore ribasso dei salvataggi finanziari e delle bancarotte.Quanto è probabile un’uscita euro della Grecia?La rivista “Economist” vicina ai conservatori riporta: “Se la Grecia respinge il secondo salvataggio, o crolla drasticamente in seguito al suo programma [dei pagamenti del debito e dei tagli del settore pubblico], la sua uscita potrebbe diventare inevitabile.”Questo scenario appare sempre più probabile, visto che gli elettori greci sono stanchi di sostenere i politici che continuano ad aggredire la maggior parte degli standard di vita degli elettori attraverso politiche di massiccia austerità (tagli ai posti di lavoro, ai programmi sociali e al settore pubblico in generale).Come potrebbero gli USA essere influenzati da un tracollo dell’Unione europea?La Banca dei Regolamenti Internazionali (*) sostiene che le banche usamericane hanno prestato 96,8 miliardi di dollari alle nazioni europee più deboli nel settore pubblico e privato, con un supplemento di 275,8 miliardi di dollari alle banche tedesche e francesi, che entrerebbero direttamente in sofferenza, se le nazioni deboli dovessero annegare.Inoltre, l’Unione europea è il principale partner commerciale degli USA, le esportazioni usamericane verso l’UE potrebbero immediatamente cadere a precipizio, se lo scenario di cui sopra continuasse a svilupparsi.Il che ci porta al silenzio dei politici degli USA sulla questione. Le gigantesche misure di austerità, che stanno conducendo l’Europa al limite della rivoluzione, a livello federale sono state differite fino a dopo le elezioni di novembre negli USA. Poi, le “confische” di bilancio raramente discusse entreranno in vigore, vale a dire i tagli automatici alla spesa federale di 100 miliardi di dollari ogni anno, fino al 2021.Inoltre, dopo le elezioni, l’assicurazione contro la disoccupazione in aumento in tutta la Federazione  va a scadenza, così come il taglio delle tasse federali sui salari. Il piano di incentivazioni di Obama, che ha favorito i governi degli Stati e delle città, si è esaurito alla fine del 2011, aggiungendo preoccupazioni per la crisi del deficit in corso a livello nazionale.È possibile che gli USA possano già essere ri-entrati in una recessione “ufficiale”, anche se la recessione di posti di lavoro non ha mai abbandonato la morsa; un  rapporto sull’occupazione in aprile ha mostrato che solo il 63,6 per cento delle persone negli USA sono occupate o attivamente alla ricerca di lavoro, il dato più basso in più di tre decenni.I politici usamericani, sia democratici che repubblicani, sono uniti in una strategia volta a combattere l’indebolirsi dell’economia ricorrendo alla strategia europea dell’austerità. Entrambe i partiti hanno già concorso insieme al taglio di 600.000 posti di lavoro pubblici (soprattutto localmente) dal 2009, così distruggendo i servizi forniti da questi lavoratori (l’istruzione è stata la maggiormente presa di mira!).Questi numeri si gonfieranno come un pallone quando gli effetti della situazione in Europa raggiungeranno le coste americane. Il silenzio politico su questo fatto è una buona strategia per i rappresentanti politici del mondo delle grandi imprese negli USA; le persone che godono di un posto di lavoro, ma più impreparate politicamente e socialmente, sono per le misure di austerità, i più agiati sono per la loro applicazione (ciò che Naomi Klein chiama la “Shock Doctrine”).Pertanto, negli USA, le persone che lavorano hanno bisogno di imparare a parlare il greco, e adottare uno slogan sempre più popolare che rigetta le misure di austerità: “Tax the Rich! Tassare i ricchi!” In altre parole, paghino i ricchi per la crisi che loro hanno creato!In pratica questo significa che, invece delle riduzioni massicce di posti di lavoro, dei tagli all’istruzione e all’assistenza sanitaria, dovrebbero essere innalzate le imposte sui patrimoni e le imprese; le banche dovrebbero essere messe sotto controllo pubblico, invece di essere salvate con il pubblico denaro; il settore pubblico dovrebbe essere completamente finanziato ed espanso, piuttosto che privatizzato e ridotto.L’austerità viene messa in campo quando i ricchi tentano di sobbarcare gli effetti delle loro recessioni sulle spalle dei lavoratori, che quindi hanno l’assoluta necessità di collettivamente respingere questi attacchi e costringere l’1% a pagare.


(*) N.d.tr.: Non se ne parla quasi mai, ma questo è il vero centro del potere della finanza internazionale! La Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI) (in inglese: Bank for International Settlements, BIS) è un’organizzazione internazionale avente sede sociale a Basilea, in Svizzera. Fondata nel 1930, essa è la più antica istituzione finanziaria internazionale. Pur essendo un’organizzazione internazionale, la BRI è strutturata come una società anonima per azioni, avente un Consiglio di amministrazione e un Direttore generale; tuttavia, le sue azioni possono essere sottoscritte unicamente da banche centrali o da istituti finanziari designati. Attualmente possiedono quote azionarie, e sono pertanto rappresentate alle sedute dell’Assemblea generale, 55 banche centrali, nonché la Banca centrale europea. Il principale scopo dell’organizzazione è promuovere la cooperazione tra la banche centrali. Al contempo, la BRI fornisce specifici servizi finanziari in qualità di “banca delle banche centrali” ed opera come agente o mandataria nei pagamenti internazionali che le vengono affidati. Infine, la BRI rappresenta oggi un prestigioso centro internazionale di ricerca in ambito finanziario, monetario ed economico. La Banca dei Regolamenti Internazionali nasce nel 1930, in ottemperanza ad uno dei punti fondamentali che costituivano il Piano Young. Tale piano economico si prefiggeva infatti l’obiettivo di riconsiderare e ricalibrare l’annosa questione delle riparazioni di guerra che la Germania, uscita sconfitta dalla Prima guerra mondiale, doveva ancora onorare nei confronti dei vincitori. A tal fine nel 1924 era già stato formulato il Piano Dawes, il quale tuttavia non era riuscito a delineare con sufficiente chiarezza una regolamentazione stabile delle riparazioni di guerra. Per questa ragione, il 7 giugno 1929, un “Comitato di esperti”, formato da due delegati per ciascuno dei governi di Belgio, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti d’America, si riunì a Parigi e in tale occasione il Piano venne accettato dal governo tedesco, e fu data via libera alla fondazione della BRI. Lo statuto della Banca fu stilato durante la Conferenza dei Banchieri Internazionali tenutasi a Baden Baden il successivo novembre, e fu ufficialmente adottato nel corso della II Conferenza dell’Aia, il 20 gennaio 1930.
Nel periodo 1933-45 all’interno del Consiglio di amministrazione della BRI sedettero alcuni tra i maggiori gerarchi nazisti, come Walter Funk ed Emil Puhl - entrambi condannati durante il processo di Norimberga - così come altri personaggi vicini al regime, come Herman Schmitz ed il Barone von Schroeder, proprietario della Banca J.H. Stein, dove erano custoditi i beni della Gestapo. Alla fine della guerra la BRI fu accusata di aver aiutato il governo nazista nell’opera di predazione dei beni appartenenti ai paesi occupati durante la Seconda Guerra Mondiale. Come risultato di queste accuse, alla Conferenza di Bretton Woods del luglio 1944, la Norvegia propose la “liquidazione della Banca dei Regolamenti Internazionali, il più presto possibile”. Ciò provocò un acceso dibattito, che sfociò in un palese disaccordo tra le delegazioni americana e britannica. La liquidazione della Banca venne sostenuta da altri delegati europei, così come dagli USA, ma trovò la ferma opposizione del capo della delegazione britannica John Keynes. Alla fine lo scioglimento della BRI venne approvato, tuttavia la liquidazione della banca non fu mai intrapresa. La delegazione britannica, infatti, non si arrese e, quando il presidente americano Roosevelt (favorevole alla decisione) morì nell’aprile 1945, il suo successore Harry Truman, persuaso dagli Inglesi, decise di cambiare posizione e di sostenere la sospensione dello scioglimento; nel 1948 la decisione di liquidare la BRI venne poi ufficialmente rovesciata. Rimasta in piedi, la Banca adeguò il suo statuto alla nuova situazione postbellica, in modo che tutte le Banche centrali europee, comprese quelle dei paesi socialisti (con l’eccezione dell’Unione Sovietica e Germania Est), decisero di aderirvi. Tra il 1962 e il 1971, l’attenzione della BRI fu posta nel coordinare le risposte alle crisi valutarie, in stretta collaborazione con il Gruppo dei Dieci. Dal 1971, con la fine del sistema dei cambi fissi, focalizzò la sua missione nella vigilanza bancaria ed assicurativa. La BRI è una società anonima per azioni con sede legale a Basilea. (artt.1 e 2 dello statuto). Dal sito istituzionale non risulta pubblico l’elenco degli azionisti. Nello statuto sono menzionati come membri le Banche centrali di Belgio, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia e USA. Il capitale sociale di 3 miliardi di dollari è composto da 600.000 azioni nominative alla pari, senza diritto di voto, trasferibili soltanto con l’approvazione dell’istituto ai soggetti autorizzati. Le azioni non possono essere emesse sotto la pari, conferiscono una responsabilità agli azionisti pari al loro valore nominale, non hanno diritti privilegiati. Le azioni conferiscono identici diritti di partecipazione agli utili e attività della Banca, ma non danno diritto di voto. Possono essere azionisti della BRI le Banche Centrali o gli istituti di credito da queste designati (art. 14). Le decisioni spettano alle Banche centrali, in quanto le azioni non comportano diritto di voto (artt. 14 e 15). Il Consiglio direttivo delibera a maggioranza, non con l’unanimità dei voti. Tuttavia, non può determinare una politica monetaria mondiale, che prevalga su quelle delle nazioni partecipanti. Le operazioni “devono conformarsi alla politica monetaria delle Banche Centrali dei Paesi interessati”: le Banche centrali interessate da qualunque tipo di operazione hanno diritto di veto sull’esecuzione di queste (art. 19). In questo senso, l’organizzazione è un coordinamento (paritetico) fra Banche Centrali. La BRI non può prestare somme ai Governi o detenere quote di imprese, o emettere moneta (art. 5). La Banca (e i suoi dipendenti) godono dell’immunità di giurisdizione, e i beni dell’Istituto dell’immunità di esecuzione. L’immunità è estesa a tutto il campo penale, e ammette deroghe per specifiche rinunce dei diretti interessati o per “azioni civili o commerciali risultanti da transazioni bancarie o finanziarie”. Il Comitato di Basilea, che si occupa della normativa di Basilea II, è parte della Banca dei Regolamenti Internazionali. I tre organi decisionali più importanti sono[5]: l’Assemblea generale delle Banche centrali aderenti; il Consiglio direttivo; il Direttore generale. Attualmente, l’Assemblea generale è composta da tutte le 56 Banche centrali aderenti alla BRI. Il diritto di voto nell’Assemblea è proporzionale al numero di azioni emesse nel Paese cui la Banca centrale appartiene. Le principali decisioni di competenza di questo organo sono la distribuzione dei dividenti e dei profitti, l’approvazione del rapporto annuale e del bilancio, la revisione delle remunerazioni dei membri del Consiglio direttivo e la selezione degli uditori esterni. Generalmente, l’Assemblea si tiene una volta l’anno, alla fine di giugno o all’inizio di luglio. Il Consiglio direttivo della BRI è composto da 6 membri di diritto (i Governatori delle Banche centrali di Belgio, Francia, Germania, Italia, Regno Unito e USA), ciascuno dei quali può nominare un altro membro del consiglio della propria nazionalità. Fanno inoltre parte del Consiglio fino ad un massimo di altri nove Governatori di altre Banche centrali (attualmente quelli di Canada, Cina, Giappone, Messico, Paesi Bassi, Svezia, Svizzera e Banca centrale europea). È compito del Consiglio determinare la politica generale della BRI. Deve riunirsi almeno sei volte l’anno. Il Consiglio direttivo elegge al suo interno un presidente ed un vicepresidente, entrambi con un mandato di tre anni. source Quelli che seguono sono i componenti del Consiglio direttivo della BRI al 7 novembre 2011:


Christian Noyer, presidente della BRI, è il governatore della Banca di Francia

Christian Noyer, Parigi (Presidente); Masaaki Shirakawa, Tokyo (Vicepresidente) Ben Bernanke, Washington DC; Mark Carney, Ottawa; Agustín Carstens, Città del Messico; Luc Coene, Brussel; Mario Draghi, Francoforte sul Meno; William Dudley, New York; Philipp Hildebrand, Zurigo; Stefan Ingves, Stoccolma; Mervyn King, Londra; Klaas Knot, Amsterdam; Jean-Pierre Landau, Parigi; Guy Quaden, Brussel; Fabrizio Saccomanni, Roma; Paul Tucker, Londra; Ignazio Visco, Roma; Jens Weidmann, Francoforte sul Meno; Zhou Xiaochuan, Pechino.

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