In questo periodo parlare di finanziamenti pubblici ai partiti non è facile. O almeno se vuoi cercare minimamente di difenderli. La demagogia verso la classe politica è sempre stata sfruttata per ottenere consenso, la Lega e Grillo ne sono l’esempio lampante ma non ci sono solo loro.
Attaccare il potere funziona sempre, a qualsiasi livello e situazione. Questi sintomi di insofferenza verso chi governa sono iniziati a crescere da quando i partiti di massa non sono più riusciti a “controllare” i propri iscritti come è accaduto per tutta la prima repubblica con varie forme di metapolitica e fidelizzazione.
Gli ultimi eventi che hanno colpito l’establishment intorno ai partiti di tutte le estrazioni, da Penati a Belsito, passando per Formigoni, Vendola e Lusi, hanno dimostrato che dove si concentra il potere qualcosa proprio non va. Un fenomeno che va al di là della posizione in parlamento e non salva nessuno(o quasi, per qualcuno la legalità è sempre importante).
Inoltre questi episodi che fanno perdere fiducia in chi rappresenta i cittadini rischiano di minare anche il rapporto che in tante città esiste fra amministratori e amministrati. Si sa che in Italia si generalizza molto facilmente e potrebbero pagarne le conseguenze chi non ha assolutamente colpa.
Come risolvere la questione? Alfano, il segretario del partito a cui sono iscritto e che rappresento in consiglio comunale, ha dichiarato che dopo le amministrative di Maggio rivoluzionerà il partito fondandolo su finanziamenti privati. Anche la Lega e L’italia dei valori hanno dichiarato di rinunciare all’ultima tranche di finanziamento programmata per l’estate. Grillo invece si vanta di averli rifiutati da sempre, vedremo per quanto continuerà. Il PD, storicamente ed ideologicamente vicino al finanziamento pubblico della politica, per ora tergiversa.
Sinceramente un finanziamento esclusivamente privato non è che mi vada molto a genio. Pensare che tanti privati possano “possedere” una percentuale più o meno alta di un partito mi fa un po’ preoccupare, sempre che i partiti trovino chi li finanzia. Inoltre i partiti dovrebbero dimostrare che non ci sono conflitti di interessi fra chi li finanzia e chi, ad esempio, vince un bando dove il tale partito governa. Un problema vecchio ma non troppo.
Troppi dubbi e tanti problemi a cui trovo difficilmente una soluzione. Ad oggi giorno i cittadini vogliono sentirsi dire che i partiti non prenderanno più un euro ma non è così che si è responsabili. Non è abbassando il finanziamento che la fiducia nei partiti aumenta. Sono due binari completamente diversi. Anzi, ipoteticamente senza finanziamento alcuni partiti non esisterebbero neanche e, oltre la bassa qualità, ci sarebbe anche poca scelta.
I sondaggi parlano chiaro, molti di quelli che partecipano attivamente alla vita dei partiti non ha fiducia in essi. Un problema generalizzato che colpisce i militanti di tutti i partiti.
La Democrazia ha un costo. Questo è il punto di partenza.
Se vogliamo che siano sempre i cittadini a scegliersi il governante dobbiamo sostenere alcuni costi, “senza lilleri ‘un si lallera” dicono a Firenze. E’ evidente che in Italia abbiamo esagerato ma comunque sarei curioso di vedere e studiare un bilancio di un partito grande a livello nazionale per vedere quanti fondi avanzano.
Ipotizziamo qualche voce di spesa: 1 sede nazionale + 20 sedi regionali + 110 sedi provinciali e rispettivi personali di segreteria, parecchie sedi comunali sparse sul territorio, i manifesti per le campagne elettorali e non solo, il materiale per dotare le sedi e i vari circoli sul territorio, le feste organizzate per i militanti, i corsi di formazione, i comizi, il sito web, i gazebi, ecc ecc
Sono moltissime le spese che un partito ben organizzato sul territorio deve sostenere in un anno se ci pensate bene, anche se in realtà sono rimborsi elettorali che dovrebbero servire a coprire le spese elettorali.
Provo a ipotizzare una soluzione:
- Se la volontà del legislatore è quella di mantenere un qualche tipo di finanziamento va modificata la legge perchè è assurdo che lo Stato consegni fondi ad una associazione privata, come sono i partiti, per una finalità e vengono usati limpidamente per un’altra.
- Diminuire la quantità è fondamentale, hanno già iniziato a farlo ma non è ancora abbastanza, legando i fondi all’effettiva esistenza del partito, se si scioglie non deve ricevere neanche i rimborsi. Diminuire anche tutti i fondi per i gruppi parlamentari, sopratutto per quelli che fanno riferimento a partiti che già prendono un altro rimborso.
- Fare in modo che prima di ricevere i soldi i partiti debbano consegnare una rendicontazione di quanto speso. “Presento la fattura e mi vengono restituiti i soldi, controllando la veridicità della spesa” non so se questa formula è possibile ma un controllo del genere va fatto.
- Cercare di destinare direttamente parte dei fondi direttamente alle organizzazioni giovanili dei partiti che spesso operano sul territorio dovendosi autofinanziare o dovendo farsi aiutare da chi molte volte non lo fa volentieri.
- Redistribuire parte del finanziamento verso gli enti locali, anche quelli piccoli, dove non ci sono neanche i soldi per fare un volantinaggio. Se non si può obbligare un partito a far arrivare i fondi a qualsiasi Comune si può però prevedere che ogni gruppo consiliare in Italia abbia una cifra decente da spendere in attività sul territorio. Naturalmente sempre con controlli e senza esagerare nelle cifra ma se vogliamo far ripartire la macchina dello stato una delle prime mosse deve essere dare importanza ai piccoli centri.