Avete presente i libri che cominci una sera e vorresti finire quella stessa notte? Che poi sono gli stessi che quando finiscono ti mancano. E allora che fai? Li rileggi, ovviamente. A me è appena successo con “Perché io sogno forte” di Roberta Liguori. L’ho letto, riletto e poi riletto e ora sono pronta a parlarvene. Confesso che sin dalla prima lettura avevo una gran voglia di raccontarvelo, ma è stato più forte il desiderio di spremerlo ancora e ancora per poterne cogliere tutti gli insegnamenti possibili.
Prima di parlare del libro, però, permettetemi un GRAZIE a Roberta Liguori, autrice di “Perché io sogno forte”. Ho avuto la grande opportunità di conoscere Roberta al Simposio delle Donne organizzato da Serena Sirini ( e a lei ancora mille volte grazie per i doni che mi offre da quando l’ho conosciuta). In quella occasione l’ho ascoltata per un’ora durante il suo intervento e mi sono letteralmente appassionata al suo modo di parlare, di raccontare concetti fondamentali in un modo estremamente semplice e diretto. Mi è piaciuto il sorriso con cui ha affrontato temi difficili e l’empatia pazzesca con noi del pubblico. Al termine del suo incontro io e la mia amica Paola abbiamo subito comprato il libro e chiesto a Roberta una dedica.
Una volta a casa ho aperto le prime pagine ed è successa una cosa meravigliosa: sentivo la voce di Roberta, percepivo il suo modo di parlare e visualizzavo la sua eleganza e bellezza sul palco del Simposio delle Donne. Lei era con me. Stava leggendo il suo libro con me. Non credo mi sia successa una cosa di questo genere altre volte nella mia vita. Almeno non lo ricordo. Da quel giorno, cara Roberta, io sogno forte e indosso il braccialetto che ci hai regalato in quella occasione. Quindi grazie. Grazie per la splendida energia che hai trasmesso con la tua voce e con la tua scrittura.
Cosa ho amato di più? Il suo raccontare la malattia come un passaggio fondamentale ma non tragico. In questo caso è il cancro ma potrebbe essere la perdita del lavoro. Mi piace il modo in cui Roberta racconta cosa ha imparato dalla malattia esattamente come racconterebbe cosa ha imparato da un licenziamento. E’ questo che rende il libro speciale. Non viene voglia di piangere pensando a quello che lei ha passato, ma viene più voglia di rimboccarsi le maniche perché lei ce l’ha fatta. E il suo messaggio è chiaro: “il mio atteggiamento nei confronti della vita è tutt’altro che innato, è piuttosto frutto di studio, di applicazione testarda, di errori ed esperienza. Io non ottengo i risultati perché sono fortunata, io ottengo i risultati perché mi impegno”. Ergo: tutti possiamo farcela. Tutti possiamo cambiare. Basta avere tenacia, fiducia, determinazione e voglia di allenarsi ogni attimo della propria vita. Allenarsi alla felicità.
Ogni capitolo affronta un tema importante che coinvolge tutti, indistintamente. Ritrovarsi nelle parole di Roberta, anche senza aver affrontato la malattia, è facile. Anzi, inevitabile. Accade quando racconta la forza delle parole dette e a noi stessi e agli altri, quando parla delle ancore positive che tutti noi dovremmo crearci come rifugio per recuperare i pensieri positivi, quando sostiene che l’atteggiamento fa la differenza cosi come l’azione o quando, infine, spiega come riuscire ad aiutare le persone che abbiamo accanto nella nostra vita.
Ho preso molti appunti, sottolineato tanto e vissuto il libro in ogni sua pagina. Alla fine della terza rilettura, che peraltro è avvenuta sulle spiagge della Sardegna, so di aver assimilato nuovi strumenti per costruire la vita che voglio. Ho imparato l’importanza della lista degli obiettivi da raggiungere cosi come quella dei sogni da realizzare, ho creato le mie ancore positive e eliminato da casa oggetti che mi ricordano eventi o persone negative. Insomma, ho messo mano alla mia realtà per migliorarla. Ho smesso di rimandare la felicità a tempi migliori. Si, anche io ogni tanto ci ricasco. Ma ora so come tirarmi fuori da quell’atteggiamento poco costruttivo e sano.
Lo so anche grazie a Roberta e al suo meraviglioso libro che tutti dovremmo leggere. E non una sola volta. Perché a sognare forte siamo sempre in tempo, ma prima cominciamo e meglio è.
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