David Foster Wallace, indimenticato autore di Infinite Jest, Brevi interviste con uomini schifosi e Questa è l'acqua, discorso sul senso della vita, nel Marzo 1996 stava appena concludendo il tour promozionale del suo libro più famoso, tenendo letture pubbliche ed interviste nelle maggiori città americane. In uno di questi frangenti si trovò a rilasciare una lunga chiacchierata, più che un'intervista convenzionale, a David Lipsky, scrittore inviato da Rolling Stone. Il suddetto colloquio, registrato in cinque lunghi giorni trascorsi assieme tra Illinois e Minnesota, in aereo, macchina e hotel, restituisce l'immagine autentica di un Dave Wallace alle prese con la scoperta della fama e della notorietà, che fa di tutto per non farsi schiacciare dalla ruota del successo. Lipsky, dopo la morte dello scrittore pubblicherà il contenuto dei nastri in un libro, intitolato: "Come diventare se stessi. David Foster Wallace si racconta", edito da Minimum Fax, traduzione di Martina Testa.
Nel libro assieme ad una miriade di pensieri sui più disparati argomenti, dalla cultura pop, alla teoria letteraria, John Updike, John Barth, alle paranoie sulla dipendenza, spuntano delle riflessioni interessanti sulla televisione e sul ruolo dei media. In particolare, Wallace spiega perché secondo lui la letteratura è un mezzo migliore di quello televisivo:
Ho idea che.. Non sto dicendo che io ci sia riuscito alla perfezione. Ma penso che se la letteratura d'avanguardia riesce a far bene il suo lavoro, pur essendo tremendamente difficile e non tanto accessibile, seduce il lettore al punto di fargli compiere degli sforzi straordinari che normalmente non farebbe mai. E' quello il tipo di magia che la vera grande arte porta con sé.
Perché i libri devono insegnare ai loro stessi lettori come vanno letti. Quindi la questione strutturale è proprio la prima che si pone. Noi ce ne stiamo qui a lagnarci di come la tv ha rovinato il pubblico dei lettori, quando in realtà la sua unica colpa è di averci fatto il preziosissimo dono di renderci il lavoro più difficile. Capisci in che senso? Per come la vedo io, più è difficile far sentire a un lettore che vale la pena leggere quello che scrivi, più è probabile che tu stia producendo vera arte. Perché solo la vera arte ci riesce.
Mentre sul problema della complessità, della concentrazione che richiede affrontare la lettura di determinati libri, interviene anche Lipsky (in corsivo):
Ma man mano che la complessità aumenta, va a finire che il lettore si sente come se fosse entrato in una classe dopo essersi perso le prime settimane di corso.
Si insegna al lettore che è molto più intelligente di quanto credeva di essere. Secondo me una delle lezioni più insidiose che impartisce la tv è la meta-lezione che tu sia stupido. Questo è il massimo a cui puoi arrivare. Questa è roba semplice, e tu sei il tipo di persona che in realtà vuole solo starsene seduta in poltrona e non fare sforzi. Quando in verità ci sono parti di noi, in un certo senso, che sono molto più ambiziose. E quello che ci serve, secondo me... non sto dicendo che sia io la persona in grado di produrla, ma secondo me quello che ci serve è dell'arte seriamente impegnata, capace di insegnarci nuovamente che siamo persone intelligenti. E che ci sono cose che la tv il cinema- anche se per certi aspetti sono meravigliosi- non possono darci. Però bisogna creare la motivazione necessaria a farci fare questo sforzo in più, mi spiego? Per capire questi altri tipi di arte. E penso che lo stesso valga anche per le altre arti visive, credo valga per la musica...
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