Perché la mamma non ha la 24 ore, ma sta sempre in casa col grembiule? Perché il papà – quando non è a lavoro – è quasi sempre in poltrona a leggere il giornale? Perché la mamma cucina, apparecchia e rassetta mentre i papà giocano con i bambini? Perché quelle rarissime volte in cui il papà cucina sembra ridicolo e impacciato? Perché non si vedono mai mentre badano alla casa insieme? Gli stereotipi sessisti nei libri per ragazzi sono più diffusi di quanto possiamo immaginare. A volte non ce ne rendiamo conto, ma passiamo ai nostri figli una visione del mondo anche attraverso semplici albi illustrati.
Ormai quasi due anni fa Liber ha dedicato un approfondimento al tema, raccogliendo il contributo di alcune studiose sul tema.
“I libri parlano di tutte le cose della vita e quindi anche di identità sessuale e ruoli – scrive Francesca Ferruzzi – attraverso le rappresentazioni di donne e uomini al lavoro, nella vita domestica e nelle relazioni. Queste immagini costituiscono un lessico simbolico che va a costruire l’immaginario, le strutture mentali, i riferimenti culturali e infine le idee dei bambini e delle bambine ed è per questo che è così importante che non veicolino modelli di genere discriminatori“.
Sempre di costruzione dell’immaginario scriveva Irene Biemmi e di come questo possa condizionare le scelte e le aspirazioni professionali che i bambini faranno crescendo: “Le storie per bambini modellano un immaginario distinto per maschi e femmine, all’interno del quale gli uni e le altre andranno a coltivare progetti e desideri per il futuro. Dai testi di lettura della scuola elementare è possibile, per esempio, estrapolare le professioni ‘adatte’ ai due sessi. Tra le professioni maschili troviamo: re, cavaliere, maestro, scudiero, scrittore, mago, dottore, poeta, pescatore, pittore, pirata, paggio, meccanico, ombrellaio, nobile, navigatore, scultore, scienziato, taglialegna, studioso, sceicco, viaggiatore, presidente di una squadra di calcio, profeta, riparatore di sedie, venditore, barbiere, artista, bibliotecario, cantante, boscaiolo, architetto, artigiano, arrotino, giornalista, marinaio, geologo, contadino, comandante, capitano di una nave, crociato, ferroviere, esploratore, etc. Si conteggiano ben 50 diverse professioni per il genere maschile. I lavori attribuiti alle donne protagoniste delle storie sono invece: maestra, strega, scrittrice, maga, Befana, nobile, nutrice, pittrice, attrice, principessa, fata, casalinga, castellana, bibliotecaria, indovina. Abbiamo un totale di 15 professioni femminili. Un semplice commento su questi dati: è evidente che i testi da me analizzati non forniscono pari opportunità agli alunni dei due sessi di definire i propri sogni professionali“.
Un ulteriore contributo su questo tema (da cui sono tratte le domande in apertura) è stato pubblicato dalla Regione Piemonte e si chiama “Guida alla decifrazione degli stereotipi sessisti negli albi illustrati” e si può scaricare gratuitamente qui.Tutte queste riflessioni aleggiano costantemente nella testa della sottoscritta e sono state riaccese recentemente dall’incontro con Settenove, una giovane casa editrice indipendente, che ha l’obiettivo di promuovere la cultura della parità di genere, di cui recensivamo un libro ieri. Settenove organizza riflessioni sul tema e propone albi illustrati che contrastino i fondamenti della discriminazione a partire dai più piccoli. Ad esempio: “C’è qualcosa di più noioso che essere una principessa rosa?”, in cui la protagonista si interroga sul perché non esistano principesse che solcano i mari alla ricerca di tesori, sbrindellano draghi, salvano città dalle fiamme…
Certo molto è cambiato negli ultimi anni e poi dobbiamo stare attenti anche agli stereotipi al contrario. Un ulteriore ampio contributo sul tema l’ha scritto qualche mese fa Davide Calì su Frizzi Frizzi. “Se pensate che la donna che in un libro lava i piatti sia un messaggio sessista, ricordate però: ogni volta che in un libro c’è un papà che va a lavorare è sessismo. Ogni volta che il papà guida la macchina è sessismo. Ogni volta che papà ha in mano un martello, indovinate che cos’è?“. E allora, come fare? “Se è vero che i libri propongono ai bambini dei modelli, è vero anche che bisogna crescere i bambini con più modelli possibile, perché tra di essi possano riconoscere il proprio. Ma attenzione: se alla fine, il modello scelto sarà quello della principessa vestita di rosa, saprete accettarlo?“.
Insomma il dibattito non è chiuso, ma in un momento in cui – vivaddio! – si fa un gran parlare di femminicidio e contrasto alla violenza sulle donne, ci pare che sia fondamentale iniziare dai più piccoli. Ovvero scegliere con cura le storie che leggiamo ai nostri figli e poi metterle in discussione insieme a loro, rivoltarle, non accontentarsi di quello che è scritto e illustrato in pagina, ma provare a scrivere noi stessi la nostra storia.