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Perché la Russia ama ancora Lenin, Stalin e Brežnev

Creato il 01 giugno 2013 da Matteo
Memoria deforme [1]
Le valutazioni dei personaggi storici sono anche per molti versi la disposizione delle priorità nazionali
28.05.2013
Il terzetto dei "premiati" determinati dai cittadini russi nel corso di un recente sondaggio del Levada Center [2] in qualità di migliori governanti del paese nel ХХ secolo - Brežnev, Lenin e Stalin – ha già causato non poche reazioni, varie e prevalentemente emotive. Ma ai risultati del sondaggio è ben più interessante guardare semplicemente come a una testimonianza su come si formano la coscienza storica dei russi e i valori sociali: le valutazioni dei personaggi storici sono anche per molti versi la disposizione delle priorità nazionali.

Brežnev, Lenin e Stalin in questo caso non sono figure reali, ma piuttosto la personificazione di alcuni archetipi russi. Stalin è lo zar terribile [3], sotto cui "non si fa chiasso", crudele, che però ha vinto i nemici esterni. La sua attuale popolarità è diretta conseguenza del culto della Vittoria del 1945 nel suo aspetto odierno statale e di grancassa, di una vittoria non del popolo, ma prima di tutto dello stato. Ma se è dello stato, significa prima di tutto della sua prima personalità.

Lenin è lo zar giusto, "era per il popolo". La maggior parte di noi ha studiato nelle scuole sovietiche e l'immagine del buon ometto con la furba strizzata d'occhio, la guida della rivoluzione degli operai e dei contadini compiuta in nome della pace e della giustizia non si elimina così semplicemente dalla coscienza sociale. Quando mai – ecco che c'è il mausoleo. E il tema della giustizia sociale in Russia più si va avanti, più diventa attuale. Cosicché in un certo senso Lenin è realmente "vivo in eterno".

Brežnev è un'altra cosa. Da una parte è l'unico di tutto il terzetto che la maggior parte della popolazione del paese ricorda "personalmente". E' un personaggio delle barzellette, un bonario zar-edonista, che "viveva e permetteva agli altri di farlo". (La memoria del popolo mette fra parentesi l'Afghanistan, i dissidenti, le noiose riunioni di partito e la fame di merci che iniziava – però c'era tranquillità!) D'altra parte, a differenza di Stalin e Lenin, le simpatie per Brežnev difficilmente sono state ravvivate dalla propaganda passata o attuale. Il culto del "caro Leonid Il'ič", a differenza dell'adorazione di Il'ič n°1 [4], non fu preso sul serio da nessun fin dall'inizio. Negli ultimi anni, ad esclusione di qualche telefilm, al "portatore di sopraccigli all'oscuro" non è stato dedicato niente, sui mezzi di informazione di massa dei tempi di Brežnev non parlano né scrivono così spesso. Ma la memoria vive e le simpatie per Brežnev, evidentemente, si possono considerare le più sincere e genuine. Perciò è molto probabile che la "brežnevizzazione" del sistema politico russo iniziata con il terzo mandato presidenziale di Vladimir Putin non è un fenomeno spontaneo, ma una combinazione pensata.

La storia è il passato proiettato sul presente e influenzante il futuro. Perciò, a partire dalle preferenze storiche della maggioranza russa, si può dire che come in precedenza gli è caro il duro paternalismo statale. Proprio questo unisce figure in realtà tanto diverse come Lenin, Stalin e Brežnev ben più della loro leadership nel partito comunista. Non a caso al polo opposto – la minore popolarità – secondo i risultati del sondaggio sono risultati Gorbačëv e El'cin. Questi hanno smontato il sistema sovietico con tutte le sue cose positive e negative, ma prima di tutto hanno limitato l'onnipotenza dello stato fino a quel momento, caratteristica di questo sistema. E che tra le tre forme di paternalismo (leninista-rivoluzionario, stalinista-imperiale, brezneviano-tardoimperiale) alla maggioranza degli intervistati sia risultata più cara di tutte la più morbida, quella brezneviana, può servire da consolazione, per quanto debole, per chi non da alla parola "statalista" nel contesto russo un senso esclusivamente positivo.

Il rimprovero che più spesso risuona nei confronti di chi non si vergogna di annoverare Stalin o Lenin tra le figure storiche stimate e perfino amate riguarda l'amoralità di tale scelta. "Non si può pregare per il re Erode", non si possono stimare persone colpevoli in modo del tutto evidente della morte di milioni di loro simili. Argomento ferreo, ma non tiene conto di due fattori. In primo luogo, giudicando la storia, la gente spesso guarda ad essa come da fuori, senza misurarla su di se. Stefan Zweig annoverava l'epopea napoleonica alle "ore stellari dell'umanità", ma se fosse stato un soldato di Bonaparte morente per il caldo e le sciabole dei mamelucchi tra le sabbie dell'Egitto o per il freddo e le pallottole russe presso Mosca forse avrebbe avuto un'altra opinione. In secondo luogo, la storia della Russia, purtroppo, non da quasi esempi di ordine e legalità da una parte e libertà e diritti civili dall'altra. Anche se il dilemma "ordine o libertà" è consapevolmente falso.

Qui, evidentemente, si trova anche l'essenza del problema: la maggior parte della società ritiene unica possibile fonte dell'ordine e della libertà non se stessa, ma lo stato. Sì, sia pure non nell'aspetto bestiale, staliniano, ma in quello un po' più umano, brezneviano, ma tant'è. La speranza perciò – solo in ciò che è storia – è che si faccia la corsa a distanza molto lunga, se non infinita, in un giorno e che le simpatie e antipatie pubbliche siano una cosa mutevole. Nella Francia odierna, tra l'altro, prevale un atteggiamento molto tranquillo, per non dire critica verso Napoleone come governante, anche se nessuno mette in dubbio l'eroismo dei suoi soldati e dei suoi generali.

Jaroslav Šimov, "Novaja gazeta", http://www.novayagazeta.ru/comments/58334.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)
[1] Gioco di parole intraducibile tra večnaja, "eterna" e uvečnaja, "deforme". [2] Centro di studi sociologici intitolato allo studioso russo Jurij Aleksandrovič Levada. [3] Groznyj significa "minaccioso", ma lo traduco nel modo tradizionalmente sbagliato per conservare il nesso con lo zar Ivan. [4] Cioè di Lenin, il cui vero nome era Vladimir Il'ič Ul'janov.

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