Perchè lamentarsi? Proviamo a mettere in evidenza il tipico atteggiamento delle persone lamentose. I “lamentosi” continuano a ripetere le loro lamentele con tono stereotipato, accompagnandole con sentimenti a volte molto intensi. Questo rancore rappresenta il principale, per non dire l’unico, interesse della loro vita. Naturalmente che il tempo sia passato non fa nessuna differenza: una lamentela che prosegue da vent’anni è altrettanto fresca quanto quella che è emersa per la prima volta un giorno fa. Oltretutto, queste persone hanno la sensazione che non sarà mai possibile porre rimedio a tutto ciò che di immeritato gli è capitato di soffrire.
Cosa c’è dietro la lamentela?
Colui che si lamenta è quasi del tutto inconsapevole dell’atteggiamento intensamente aggressivo che trova espressione attraverso le sue lamentele, anzi lo considera più che giustificato sulla base delle circostanze ostili che ha dovuto soffrire. Possiamo anche dire che è sordo a qualsiasi discussione, malgrado ne susciti di molto accese e se qualcuno si rifiuta di starlo a sentire si ottiene come unico risultato quello di acuirne la lamentosità.
C’è da dire comunque che chi è abituato a lamentarsi, prova sollievo, anche se pur temporaneo, nello sfogarsi. I lamentosi infatti, spendono la maggior parte del loro tempo e della loro emotività a tentare di dimostrare le loro ragioni, sostenendo tesi anche perfettamente valide, anche se bisogna aggiungere che le loro reazioni sono del tutto esagerate e si mostrano del tutto incapaci nel considerare qualsiasi altro fattore che non sia il proprio punto di vista.
Incapacità di dimenticare e mancanza di empatia
Uno dei problemi delle persone lamentose sta fondamentalmente nella loro incapacità di dimenticare, oltre che di tenere in considerazione il punto di vista dell’altro (empatia). In più c’è anche una tendenza a diventare delle persone ossessive, se le consideriamo nella loro difficoltà di scendere a compromessi, di dimenticare o di chiudere un occhio sulle piccolezze, nella loro mancanza di umorismo e del minimo senso delle proporzioni, nella veemenza con cui pretendono di imporre il loro punto di vista e i loro parametri estremamente rigidi. Il loro desiderio è quello di dar vita ad un mondo in cui non sia accettato il più piccolo spostamento dai loro principi di giustizia. Spesso queste persone si esaltano nel momento in cui possono assumere su di loro il ruolo dell’autorità, nel tentativo illusorio di far andare il mondo come vogliono, ossia secondo i propri rigidi criteri, ma probabilmente anche questo risulterà alla fine motivo di lamentele ulteriori.
Difficoltà a tollerare la frustrazione
I lamentosi vivono le piccole frustrazioni di tutti i giorni come un grave affronto, una sorta di atto di lesa maestà. Per esempio è già di per sé odioso pagare una multa o dover aspettare il proprio turno in coda al supermercato, ma questo per loro diventa assolutamente inammissibile e fonte di ulteriore lamentela. È come se quella data cosa non possa accadere proprio a loro. Ma anche se le frustrazioni sono, senza eccezioni, dolorose per tutti, nelle persone lamentose è come se alle frustrazioni si aggiungesse la distruzione di un qualche “sogno di grandezza” (narcisismo), ed è questa una delle ragioni che fa nascere l’atteggiamento lamentoso.I danni della lamentela
Da una ricerca fatta alla Stanford University emerge che sottoporsi per più di 30 minuti al giorno a contenuti lamentosi e quindi carichi di negatività, nuoce alla salute del nostro cervello. La lamentela viene infatti processata in quella zona del cervello dedicata alle funzioni cognitive solitamente utilizzata per risolvere i problemi e la sua presenza causa letteralmente una rimozione di neuroni. Altri studi sostengono che anche l’esporsi a lamentele, che equivale a dire esporsi a negatività, durante momenti che dovrebbero essere quelli invece di svago giornalieri (per es. la pausa caffè) può avere lo stesso effetto “dannoso”. A chi non sarà mai capitato di trovarsi coinvolto nei soliti brontolii dei lamentosi: “Oggi ho trovato una fila alla posta! Ma possibile che…”, “Uffa, ma piove sempre! Non se ne può più!” oppure “Quest’estate fa un caldo tremendo, più degli altri anni. Ma quando passa?!”, etc. Naturalmente chi subisce la lamentela altrui, si trova spesso a subirla senza opporre nessuna resistenza, incoraggiando allo stesso tempo la lamentela stessa.
Come superare la lamentela
Come dice una vecchia canzone popolare siciliana (Malarazza, 1840):
“Tu ti lamenti, ma che ti lamenti?
Pigghia lu bastuni e tira fora li denti”.
Questi versi sono utili per introdurre intanto un primo passo per superare la lamentela, ovvero imparare ad esprimere la propria aggressività, perché le lamentele sono un buco nero nel quale l’energia si disperde. La stessa etimologia della parola aggressività ne evidenzia invece la spinta energetica: dal latino ad = “verso, contro, allo scopo di”, e gradior = “vado, procedo, avanzo”. Quindi vado verso, procedo allo scopo di, per intendere qualsiasi movimento esprima la direzionalità del proprio autentico sentire, quando invece le lamentele causano immobilità.
Sarebbe perciò più utile chiedersi: Cosa scatena la mia aggressività? Da dove nasce la mia irritazione? Perchè il bisogno di lamentarmi?
Questo significa iniziare a prendersi cura delle proprie emozioni e dei propri sentimenti, diventarne responsabili e comprendere piuttosto quali siano i veri bisogni dentro di sé. Naturalmente per imparare a fare questo può essere utile anche un sostegno psicologico (psicoterapia).
Cristiana Milla, psicologa e psicoterapeuta. Per avere maggiori informazioni, visita la sua pagina personale e leggi gli altri articoli. Per consulenze psicologiche e psicoterapia, seminari o altre richieste, puoi scriverle una mail all’indirizzo [email protected] oppure telefonarle al 339.6137545.