
È una lotta incessante innanzitutto contro me stesso e poi contro il mondo. Più esattamente, contro ciò che vi è in me del mondo.
Ovvero, la somma dei nostri addormentamenti, dei nostri consensi a non vivere da vivi. Delle nostre rinunce, abdicazioni di fronte a uno stato di cose barbaro.
Del nostro violento rifiuto di essere meravigliati dal solo fatto di vivere. Scrivendo, cerco di ritrovare ciò che un neonato riceve nella culla.
Cerco di tornare a questo stadio che è noto, credo, anche alle persone che sono all’estremità della vita e che chiamiamo vecchi.
Mi riferisco a una capacità di vita e di emozione liberata da ogni dovere, convenzione, obbligo. Comincio a scorgere che uno dei sensi di questa vita è condurre una lotta costante contro ciò che può oscurarla.
Credo che con ogni nascita giunga al contempo l’anima e ciò che vuole sconfiggerla.
La posta in gioco è sempre una gaiezza fondamentale, conservare il sentimento lieto del dono della vita. (C.Bobin)
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
