Tra le polemiche che, puntualmente, accompagnano la liberazione di cittadini italiani presi in ostaggio nelle zone di guerra, il pagamento di un riscatto come contropartita e l’accostamento con l’ “affaire” Moro, nel quale lo Stato scelse, al contrario, la linea della fermezza.
Si tratta ad ogni modo di una semplificazione, di un paragone concettualmente approssimativo e scollato dall’analisi storica, destinato al ridimensionamento quando messo al vaglio di un lavoro di scavo sufficientemente approfondito.
Se, infatti, in casi come quello Marzullo-Ramelli ad agire è ed è stato un fenomeno criminale-terroristico “esterno” e lontano, pericoloso per un numero assolutamente ristretto di connazionali, nel caso Moro l’Italia si trovava invece ad affrontare un terrorismo di tipo “endogeno”, nato nel Paese, diffuso nel Paese, in tutto il Paese, su larga scala e con potenti ancoraggi nel tessuto sociale.
Cedere alle pressioni delle BR non soltanto avrebbe dato l’idea di una debolezza delle istituzioni, incoraggiando così i terroristi (la fermezza dimostrata fu, al contrario, uno degli elementi decisivi per la sconfitta dell’eversione politica) ma avrebbe potenzialmente esposto ogni cittadino italiano al rischio di un sequestro; le BR avrebbero potuto infatti prendere in ostaggio chiunque ed in ogni momento, chiedendo la liberazione di questo o quel compagno, e lo Stato si sarebbe trovato nell’obbligo di trattare, non valendo certamente la vita del “signor Rossi” meno di quella del signor Moro.
Uno scenario dunque apocalittico, una strategia adottabile in linea teorica e pratica da qualsiasi altra organizzazione a delinquere, che avrebbe reso vani gli sforzi e l’impegno delle procure come delle forze dell’ordine, installando virtualmente i tornelli nella carceri italiane.
A rendere differenti e non sovrapponibili i due scenari, anche il ruolo di attori esterni al brigatismo nella fasi del blitz e ad esso successive, e le loro pressioni contro la liberazione dello statista democristiano, percepito (erroneamente) dal blocco atlantico-atlantista come un pericoloso ariete di sfondamento degli equilibri yaltiani.
La stessa traiettoria logica andrà applicata alla misura del congelamento dei beni in caso di rapimento, disposta dalla Legge 82 del 1991. Anche qui, si era e si è in presenza di un fenomeno criminale “endogeno”, antico, esistente e comune fin dall’epoca del brigantaggio, e consentire il pagamento di riscatti avrebbe significato esporre ogni famiglia italiana benestante o mediamente benestante al rischio di subire un’estorsione.