Perché le diete drastiche sono inefficaci

Creato il 19 febbraio 2013 da Ariannarossoni

Diete ed effetto yo-yo: chi di voi non ne ha sentito parlare fin da quand’era in culla? Con questo nome si indica la situazione per cui una persona continua a perdere e riacquisire peso, alternando diete strettamente ipocaloriche e periodi di caos alimentare, attività fisica costante (a volte estenuante) e totale sedantarietà. In genere l’effetto yo-yo risente del periodo dell’anno: si perde peso in prossimità dell’estate per la temutissima prova costume e lo si riacquista a partire da settembre, quando comincia a ristabilirsi la noiosa routine domestica e lavorativa che ci accompagnerà fino a giugno.
Il regime dietetico che fa perdere e rimettere peso è variabile: si passa dal digiuno totale a diete moderatamente ipocaloriche; al rigido controllo si alternano fasi di anarchia alimentare, in parte dovute al bisogno fisiologico di “cibo vero” e in parte determinate dall’esasperazione psicologica.
Al di là del totale disequilibrio nutrizionale a cui ci si espone quando si intraprende una dieta drastica, vi siete mai chiesti se ci siano conseguenze negative sul lungo termine per chi continua a perdere e riacquistare peso con pericolose diete fai-da-te? In altre parole: vale la pena di fare la fame per sei settimane l’anno solo per vedere i numeri della bilancia calare di giorno in giorno, per poi ricadere nei vecchi vizi una volta che il sole malinconico di ottobre ha sostituito quello accecante di luglio?

Il problema più importante che si incontra dopo anni di diete yo-yo è la modificazione della composizione corporea: diminuisce la massa magra (metabolicamente attiva) e aumenta la massa grassa (metabolicamente inerte).
Prendiamo ad esempio una donna che inizialmente pesa 65 kg: a seguito di una dieta rigidissima arriva a pesare 58 kg in poche settimane, un peso che mantiene per 3-4 mesi. In seguito ricomincia a mangiare disordinatamente, non prestando attenzione alle quantità e arrivando di nuovo a 65 kg; rendendosi conto di essere ingrassata, in primavera si rimette a dieta: di nuovo 57-58 kg, per poi tornare a 65-66 kg a settembre. Queste oscillazioni si ripetono un paio di volte l’anno per diverso tempo: il peso rimane sostanzialmente sempre lo stesso, ma la composizione corporea no.
Prima di iniziare la prima dieta i 65 kg potevano essere rappresentati al 24% da massa grassa; a seguito di anni di yo-yo la bilancia darà sempre lo stesso responso (65 kg), ma la massa grassa sarà aumentata, magari al 27-28%. Il cambiamento della composizione percentuale di grasso e muscolo non è un aspetto da sottovalutare: ricordiamo che solo la massa metabolicamente attiva del muscolo è in grado di produrre energia bruciando calorie, mentre il contributo dato dalle riserve di grasso è molto marginale ed ininfluente. Una massa muscolare inferiore significa dunque un metabolismo rallentato: in termini pratici, se inizialmente la donna dell’esempio citato poteva avere un metabolismo basale (consumo energetico a riposo) di 1400 kcal, gli anni di yo-yo possono averle abbassato il valore anche a 1000-1100 kcal quotidiane. Risultato: la donna farà più fatica a dimagrire, e sarà invece più predisposta ad ingrassare.

Oltre al cambiamento percentuale della composizione corporea, le diete yo-yo portano anche a cambiamenti radicati in ciascuno dei due compartimenti del corpo: il grasso e il muscolo.
A seguito di sali-e-scendi dietetici la composizione delle riserve di grasso sarà costituita da un quantitativo sempre maggiore di grassi saturi, che sono i più lenti ad essere mobilizzati: ciò significa che si farà più fatica a bruciare quel grasso, poiché rimarrà più tenacemente aggrappato alla nostra pancia o alle nostre gambe! Per quanto riguarda il muscolo, la sindrome da yo-yo comporta la sostituzione di fibre rosse con fibre bianche: mentre le prime hanno un’alta capacità di utilizzare i grassi a scopo energetico, le seconde usano preferenzialmente gli zuccheri.

Sommate le tre conseguenze delle diete yo-yo: abbassamento del metabolismo basale, saturazione delle riserve di grasso e sostituzione di fibre bianche alle rosse nel muscolo.

Il risultato è quello di incontrare molta più difficoltà a dimagrire e maggiore propensione a ingrassare.

Uno dei motivi per cui preferisco insegnare come mangiare in equilibrio piuttosto che dare schemi dietetici che non lasciano margini di libertà è proprio legato a quanto vi ho scritto finora: l’alimentazione non deve essere vista come un mezzo per raggiungere il peso corporeo desiderato, la dieta non deve essere un periodo di sacrificio e rinuncia votato al dimagrimento, a seguito del quale si può tornare alle vecchie abitudini a tavola. Un approccio di questo tipo non porta ad alcun risultato sul lungo termine: la persona avrà imparato a stare a dieta e ad autocontrollarsi, ma non le saranno stati dati gli strumenti per cambiare dal profondo le proprie abitudini e correggere definitivamente i propri sbagli.
A mio parere, un cambiamento più ampio delle abitudini unito alla consapevolezza di quello a cui portano le scelte alimentari è il metodo più efficace per mantenersi in salute e per trovare il proprio pesoforma: il dimagrimento come conseguenza di scelte salutari e non come obiettivo da perseguire ad ogni costo.

Ci sono tuttavia delle eccezioni che prescindono il mio modo di intendere l’alimentazione: in alcuni casi un dimagrimento rapido è preferibile rispetto ad uno più graduale. Mi riferisco ad esempio a situazioni di sovrappeso o obesità patologiche: in questo contesto non è raro che un dimagrimento rapido sia necessario per migliorare lo stato di salute complessivo del paziente, o per sottoporlo a interventi chirurgici salvavita che l’eccesso di peso impedisce di attuare. Questi casi sono borderline e devono essere seguiti sia da un punto di vista medico che da un punto di vista dietistico: a fianco della dieta estrema ci deve essere un percorso di educazione nutrizionale volto a riabilitare lo stile alimentare del paziente una volta che il primo step di dimagrimento rapido sia stato raggiunto. Senza questa rieducazione e senza un cambiamento dell’approccio del paziente al cibo il dimagrimento ottenuto sarà stato perfettamente inutile, perché le cattive abitudini porteranno a riacquistare tutto il peso perso.

Lasciando da parte i casi-limite, in che modo è possibile evitare l’effetto yo-yo quando si vuole perdere qualche chilo?
- Evitare diete drasticamente ipocaloriche: mai scendere sotto le 1400-1600 kcal quotidiane (anche di più se si fa attività fisica o un lavoro pesante). Restringere troppo le calorie è inutile e controproducente: vi porterà a perdere massa magra e non massa grassa.
- Evitate diete a ridotto contenuto di grassi: uno scarso apporto di lipidi determina uno stato di allerta dell’organismo, che si crede a ridosso di una carestia e che è portato a rallentare il metabolismo. Scegliete fonti di grasso buone: olio extravergine d’oliva usato a crudo, frutta secca, avocado, pesce fresco.

- Non sottovalutate l’importanza dell’attività fisica: è indispensabile per il mantenimento della massa magra. Esercizi mirati permettono non solo di evitare l’effetto yo-yo, ma anche di migliorare il quadro metabolico che consegue ad anni di sali-scendi (perdita di muscoli e di fibre rosse).
- Rivolgetevi sempre ad un professionista competente che vi affianchi nel vostro percorso di dimagrimento e soprattutto che vi insegni come fare le scelte migliori: l’alimentazione non è un argomento tanto scontato e semplice come si è soliti credere; ci sono innumerevoli fattori da tenere in considerazione quando si compila una dieta: biochimici, ormonali, personali. Per questo le diete da rivista patinata o quelle preconfezionate falliscono: sono standardizzate, come se l’uomo fosse una macchina dal comportamento sempre prevedibile. Non è così: non esiste *la* dieta perfetta, ma solo lo stile alimentare perfetto *per te*.


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