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Perché nessuno riconoscerà l’annessione della Crimea alla Russia

Creato il 27 marzo 2014 da Eastjournal @EaSTJournal

Posted 27 marzo 2014 in Slider, Ucraina with 4 Comments
di Davide Denti

WApo CRIMEA Copia

Con la ratifica di un “trattato” firmato tra la Federazione Russa e l’autoproclamata Repubblica di Crimea, dal 21 marzo la Crimea e la città di Sebastopoli sono riconosciute da Mosca come nuovi soggetti della federazione.

Con l’annessione alla Russia, la questione della Crimea aumenta il proprio livello di intrattabilità, passando dalla fase di stato a limitato riconoscimento (come i vicini postsovietici di Transnistria, Abkhazia, e Ossezia del Sud, oltre che come Kosovo e RoC/Taiwan) alla fase di espansione territoriale di uno stato tramite uso o minaccia illegale della forza ed occupazione militare, come nel caso del Sahara Occidentale occupato dal Marocco, dei territori palestinesi occupati da Israele, o di Cipro Nord occupato dalla Turchia nonostante la sovranità nominale della TRNC. Questo sviluppo è contrario ai più fondamentali principi del diritto internazionale (iug cogens, o norme perentorie/imperative), e pertanto tutti gli altri stati ONU sono legalmente obbligati a non riconoscerne gli effetti giuridici. Ma andiamo con calma.

Il divieto di acquisizione di territori attraverso l’uso della forza come norma imperativa 

Il sistema di diritto internazionale attualmente in vigore si basa sullo Statuto dell’ONU adottato nel 1945. In base a tale statuto, tutti gli stati parte godono di uguaglianza sovrana e si riconoscono il rispetto dell’integrità territoriale e del dominio riservato sugli affari interni, salvo casi di minaccia alla pace in cui può intervenire il Consiglio di Sicurezza. Lo statuto ONU è oggi considerato riprendere diverse norme di valore consuetudinario – che non possono essere modificate da trattati successivi – e diverse norme imperative – che non possono essere modificate né da un trattato né da una nuova consuetudine internazionale.

Tra queste norme imperative – assieme al diritto all’autodifesa, e ai divieti di pirateria, schiavitù, tortura, minaccia dell’uso della forza, coercizione nella conclusione di un trattato, guerra d’aggressione, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e genocidio, e il rispetto e primazia dello Statuto ONU e dell’autodeterminazione dei popoli (che pertiene solo alla popolazione dei diversi stati, non ad esempio ad un inesistente “popolo di Crimea”, e di cui abbiamo già parlato qui) – vi è anche il divieto di acquisizione di territori attraverso l’uso della forza.

Qualsiasi trattato che vìoli una norma imperativa di diritto internazionale è nullo e non avvenuto (Convenzione di Vienna del 1969 sul diritto dei trattati, art. 53): pertanto anche il trattato tra la Federazione Russa e la Repubblica di Crimea per l’adesione di quest’ultima – sempre che di trattato si possa parlare, dato che la Crimea non era riconosciuta come stato da nessuno se non da Mosca – è illegale ed inesistente. L’adesione della Crimea alla Russia ha avuto luogo a seguito diretto della minaccia e uso della forza da parte della Russia contro l’Ucraina, della successiva invasione armata del territorio ucraino da parte di forze militari russe, della dichiarazione d’indipendenza di un parlamento regionale di Simferopoli occupato e non più rappresentativo, e del referendum non riconosciuto per l’integrazione con Mosca. Il trattato d’adesione della Crimea alla Russia finalizza e rende permanenti gli effetti temporanei di un uso illegale della forza da parte della Russia su territorio ucraino, configurandosi quindi come annessione. Come tale, resta viziato da tale violazione delle norme perentorie di diritto internazionale che vietano l’uso della forza nelle relazioni internazionali ed assicurano il diritto all’autodeterminazione: in questo caso, quella dell’intero popolo ucraino, compresi i due milioni di residenti della Crimea oggi sotto occupazione militare russa.

Le conseguenze della violazione di una norma imperativa di diritto internazionale

Tutti gli stati hanno il dovere di cooperare per assicurare il rispetto degli obblighi erga omnes e delle norme perentorie di diritto internazionale, anche prendendo adeguate contromisure, incluso il non riconoscimento della validità internazionale degli atti commessi in territori sotto dominazione coloniale o occupazione illegale. Secondo la Corte internazionale di giustizia nella sua opinione sul muro nei territori palestinesi occupati del 2004, gli obblighi per gli stati terzi derivanti da una violazione del diritto all’autodeterminazione includono il non riconoscimento della situazione illegale creatasi, il non fornire aiuto o assistenza per il suo mantenimento, e l’attivarsi perché ogni impedimento all’esercizio del diritto all’autodeterminazione abbia fine.

Secondo Hersh Lauterpacht, eminente giurista, “il non riconoscimento si basa sulla visione che atti contrari al diritto internazionale sono invalidi e non possono divenire fonte di diritti legali per il trasgressore.” Il principio di non riconoscimento collettivo ha trovato spazio anche nel progetto d’articoli del 2001 della International Law Commission sulla responsabilità degli stati per atti internazionalmente illeciti (una summa, per quanto non vincolante, del diritto internazionale consuetudinario in materia), che all’art.41(2) stabilisce che “nessuno stato debba riconoscere come legale una situazione creata da una seria violazione di un obbligo derivante da una norma imperativa di diritto internazionale generale.”

L’ONU, dove le azioni russe in Crimea non sembrano aver trovato particolare apprezzamento visto il voto (13 sì, 1 astensione, 1 veto – quello russo) sulla proposta di risoluzione del Consiglio di Sicurezza che riconosceva la Crimea come parte integrante del territorio dell’Ucraina, potrebbe decidere di portare in giudizio la questione chiedendo un parere della Corte internazionale di giustizia sulla legalità del trattato d’adesione della Crimea alla Federazione Russa.

Non riconoscimento e sfruttamento delle risorse economiche

Un caso simile avvenne negli anni ’70, quando il Protocollo segreto all’accordo del 1975 tra Mauritania, Marocco e Spagna sul Sahara Occidentale includeva la garanzia di un trattamento favorevole per gli interessi economici spagnoli in cambio della cessione graduale del controllo spagnolo su tale territorio. Tale protocollo, in quanto in violazione di una norma imperativa di diritto internazionale – il diritto all’autodeterminazione del popolo saharawi all’interno del processo di decolonizzazione – non è mai stato riconosciuto da nessuno e, ancora oggi, il Marocco non è in grado di sfruttare legalmente le risorse (fosfati, pesca e idrocarburi) di pertinenza del Sahara Occidentale. Diverse aziende europee (tra cui la Total e l’importante fondo petrolifero norvegese) hanno sospeso gli investimenti al largo del Sahara occidentale per tali ragioni. Allo stesso modo, Israele non può esportare nell’Ue con regime commerciale preferenziale i beni prodotti all’interno degli insediamenti illegali nella West Bank.

Se Putin crede quindi di poter sfruttare a piacimento le risorse della Crimea - i giacimenti di gas offshore nel mar Nero, ma anche la sua posizione strategica privilegiata per la costruzione di nuovi gasdotti che portino l’energia direttamente dalla Russia verso l’Ue – potrebbe trovarsi di fronte a qualche cattiva notizia, perché potrebbe non trovare alcun compratore.

Perché nessuno riconoscerà l’annessione della Crimea alla Russia

Infografica: Washington Post

Tags: autodeterminazione, Corte internazionale di giustizia, Crimea, Davide Denti, diritto internazionale, ICJ, ius cogens, muro, parere, Russia, Saraha occidentale, Ucraina, uso della forza Categories: Slider, Ucraina


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