Ammetto che appena ho visto il link in rete ho pensato che fosse una delle tante bufale. Poi ho notato che la notizia era riportata da una fonte autorevole, ovvero Il Corriere della Sera, così ho cliccato. Tutto vero. Il comandante Francesco Schettino, considerato responsabile della tragedia della costa Concordia in cui hanno perso la vita trentadue persone, ripeto: trentadue persone, condannato per questo motivo a 16 anni di carcere, ha sentito il bisogno di pubblicare un libro su ciò che è successo.
Il libro sarà presentato a Meta tra qualche giorno insieme alla giornalista Vittoriana Abate che lo ha aiutato a realizzare l’opera. Già qualche anno fa Striscia la notizia aveva consegnato il tapiro alla giornalista, la quale negava di avere una relazione con Schettino e affermava che scrivere a casa sua la notte fosse normale, chiacchiere da gossip (entrambi definivano queste supposizioni, riprese anche da “Bild” come lesive. L-e-s-i-v-e!). Di vero c’è che la Abate e il piccolo editore napoletano Graus sono in cerca di visibilità. Di persone disposte a tutto per farsi notare ce ne sono parecchie, non sono certamente i primi. È un nuotare al contrario, per restare in tema di mare, per toccare il fondo. Ma torniamo a cose serie. Parto dalle dichiarazioni di Schettino rilasciate al Corriere:
«Il libro – spiega Schettino – ripercorre con il mio racconto ed attraverso gli atti del processo, minuto dopo minuto l’incidente della Concordia dal 13 gennaio 2012 fino agli ultimi avvenimenti dopo la sentenza dell’11 febbraio 2015»
Ne avevamo bisogno? Gli atti del processo sono pubblici e un italiano davvero interessato può farne richiesta al Tribunale competente, mi risulta. A parte questa considerazione, come fa Schettino a riportare minuto dopo minuto l’incidente se è stato uno dei primi a lasciare il luogo del disastro? Aveva i binocoli? O si è informato? Deve aver rispolverato la parte dell’accusa dei suddetti atti. È davvero necessario spettacolizzare una tragedia? Non sarebbe meglio che fosse la cronaca, e non chi è implicato penalmente in una vicenda, a raccontare ciò che è successo?
Nel libro vi sono anche quelle che qualcuno ha definito “sviste” nelle indagini. Immagino che siano sviste madornali e che abbiano compromesso il corso della Giustizia. Quindi è giusto conoscerle. Ecco, però, spostare una vicenda di morte, prima, e una vicenda penale poi, sugli scaffali delle librerie lo trovo, anche se permesso dalla nostra legislazione, di cattivo gusto e contro il senso morale. E vi spiego perché. Immaginate che io abbia commesso dieci omicidi e sia stato per questi condannato in via definitiva: se voglio dilettarmi nella scrittura nessuno me lo vieta. Se mi dedico al thriller o all’horror e voglio sfruttare il mio nome per vendere posso farlo, venderò, è il mercato. Se racconto come ho ucciso queste dieci persone, come sono stato coinvolto, e includo i dettagli, le testimonianze, ancora una volta posso farlo.
Però è una questione di rispetto: per le vittime, per i familiari delle vittime, in primis. Ed è anche una questione di buon senso. Un pluriomicida non è la persona più indicata per parlare del crimine in cui è coinvolto, né ci dobbiamo aspettare che se lo fa lo faccia in maniera oggettiva o rispettosa.
Ovviamente il libro è dedicato alle vittime. E questo è troppo. Signor Schettino, se avesse dedicato il suo silenzio alle vittime avremmo preferito.
Intanto io voglio ricordarle, le vittime. Nomi, cognomi, volti. In rispettoso silenzio.
Arlotti Dayana
Arlotti WilliamsBauer Elisabeth
Blemand Michael
Costilla Thomas Alberto
D’Introno Maria
Feher Sandor
Galle Horst
Ganz Josef Norbert
Girolamo Giuseppe
Gregoire Jeanne
Gregoire Pierre
Grube Gabriele
Gual Guillermo
Heil Barbara
Heil Gerald
Hoer Egon
Litzler Mylene
Masia Giovanni
Mathi Ganz Christina
Micheaud Jean-Pierre
Neth Margarethe
Rebello Russel Terence
Schall Inge
Schroeter Margrit
Servel Francis
Soria Molina Erika Fani
Stumpf Siglinde
Trecarichi Maria Grazia
Virzì Luisa Antonia
Werp Bruhild
Werp Joseph