Forse la spiegazione più comune è quella di pensare che questo fenomeno sia causato dal fatto che da piccoli il cervello non è ancora abbastanza maturo per avere piena coscenza di se stessi. Nuove ricerche invece sembrano dimostrare che la causa di questo vuoto non sia nel meccanismo della coscenza, ma in un "malfunzionamento" del meccanismo della memoria.
I bambini sotto i tre anni infatti possono ricordare perfettamente ciò che hanno fatto il giorno precedente ed anche ciò che è successo la settimana prima o cosa è stato regalato loro a Natale. Col passare degli anni, però, nessuno dei ricordi della prima infanzia rimane impresso nella memoria e sparisce per sempre
Come spiega il Professor P.W. Frankland, ricercatore all'Università di Toronto e coautore dello studio: "nei bambini la formazione di ricordi stabili di ciò che è accaduto nei primi anni della loro vita sembra essere impossibile. Ho una bambina di 4 anni e, per portare avanti questo studio, le faccio spesso domande riguardanti cose che sono accadute 2 o 3 mesi prima. Si ricorda le cose chiaramente e con un buon livello di dettaglio, però tra tre o quattro anni non ricorderà niente."
Gli scienziati ancora non conoscono in dettaglio ciò che succede nel cervello dei bambini, Frankland crede che questi ricordi vengano immagazzinati nella memoria a lungo termine, ma in qualche modo durante la fase di rapida crescita, che avviene nei primi anni della nostra vita, l'ippocampo "perda" il riferimento alla loro posizione e non sia più in grado di recuperarli.
Frankland ha voluto provare la sua teoria utilizzando dei topi trattati in modo da rallentare il ritmo di creazione dei neuroni. Ai topi succede lo stesso che accade anche nei bambini: possono memorizzare la strada per uscire da un labirinto per qualche giorno, ma crescendo dimenticano la soluzione.
Il prossimo passo per Frankland è provare che la sua teoria verificandola sull'uomo. A causa del suo lavoro Frankland ha la possibilità di assistere bambini affetti da tumore al cervello trattati con farmaci che rallentano il ritmo di crescita dei nuovi neuroni.
Grazie a questo effetto secondario dei farmaci impiegati in oncologia, il ricercatore spera di poter comprovare se questi trattamenti permetteranno ai bambini di ricordare cosa successe loro prima della chemioterapia.