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Perche’ Romney vince il primo round delle presidenziali: audio e commento del primo dibattito fra Obama e Romney in vista delle presidenziali di novembre 2012

Creato il 08 ottobre 2012 da Wally26

Ridgewood, Queens, New York – 3 ottobre 2012

Comodamente seduti sul divano, bruscolini e birra a portata di mano, lo scorso 3 ottobre io e mio marito ci siamo sintonizzati via rete sulla C-Span per seguire il primo dibattito presidenziale in vista delle imminenti elezioni. In queste poche righe che seguono vi do’ il mio parere su come sono andate le cose. Vi metto a diposizione anche l’intero transcript e l’audio del dibattito, in modo da essere liberi di leggere e ascoltare per farvene un’ idea personale.

Il testo integrale e l’audio del dibattito disponibile qui

Il primo dei tre dibattiti presidenziali che si terranno in vista delle imminenti elezioni di novembre 2012, ha avuto luogo lo scorso 3 ottobre a Denver, Colorado. Il moderatore di questo incontro e’ stato l’anchorman Jim Lehrer della famosa PBS, Public Broadcasting Service, un network che conta fra i suoi gli affiliati 354 membri fra televisioni e radio locali, finanziato con denaro sia privato che, soprattutto, pubblico. Il dibattito e’ durato circa 90 minuti e si e’ concentrato su: le politiche occupazionali,  la sicurezza, il sistema educativo, l’indipendenza energetica, la riforma sanitaria e il ruolo del governo nella gestione della cosa pubblica.

Parere del Radicchio Avvelenato: Romeny vince il primo round

Motivazione: Obama si e’ presentato a mani vuote di fronte allo sfidante. A parte la felice chiusura della parentesi Bin Laden e la ripresa della produzione nello stabilimento della General Motors in Michigan, il presidente in carica non aveva altri successi di cui vantarsi davanti all’elettorato. la Riforma Sanitaria? Se tutto va bene entrera’ comunque in vigore alla fine del secondo probabile mandato di Obama; non era quindi un fatto concreto su cui basarsi per rilanciare la sfida e inoltre, se venisse rieletto, potra’ sempre defilarsi alla “Ponzio Pilato” non essendo piu’ in carica quindi neanche responsabile per l’eventuale fiasco di questa riforma. Impacciato e imbarazzato dopo aver compreso che Romney lo avrebbe certamente sconfitto, Obama ha mantenuto una postura difensiva durante il dibattito, mostrandosi impreparato alla sfida e, diciamolo pure, confermando le maldicenze di chi sarcasticamente lo accusa di non essere capace di articolare un discorso di ‘sostanza’ senza l’aiuto del ‘gobbo‘ e senza ricorrere al suo ‘carisma’.

A cosa abbiamo assistito durante il dibattito?

A un Romney deciso, non populista, rispettoso dell’intelligenza dell’ elettorato a cui si e’ rivolto con le idee chiare e proposte praticabili e che ‘restava sul pezzo’ e ad un Obama piacione, impacciato e populista che cercava di sviare le risposte e che ha portato sul piatto le solite ricette (peraltro fallimentari in questi primi quattro anni di presidenza). Basare la campagna elettorale sulla fiducia che nei prossimi quattro anni continuando con il suo programma politico realizzera’ le sue promesse: “we all know that we’ve still got a lot of work to do” (lavoro, infrastrutture, migliorare il sistema scolastico, etc) e’ a parere mio, assurdo. Obama avrebbe dovuto a questo punto mettere sul tavolo esclusivamente ‘fatti’, successi raggiunti, statistiche positive sulla ripresa dell’economia. La concretezza, in luogo del populismo e delle  promesse di futuri fantastici successi, sarebbe stata la sua arma vincente contro Romney. Cio’ non toglie che questa America un po’ allo sbando, decidera’ comunque di dare una seconda possibilita’ al suo presidente premio Nobel per la pace, credendogli sulla fiducia.

Un paio di highlights

1) Cina

entrambi le campagne elettorali dei due candidati puntano sul ridimensionamento della dipendenza del debito estero e sulla necessita’ di incentivare la ri-localizzazione delle attivita’ produttive negli Stati Uniti. Dopo piu’ di venti anni di proficuo commercio con la Cina grazie al quale i profitti delle compagnie delocalizzatrici sono cresciuti a dismisura ai danni dell’economia domestica, non ostante le critiche e le proteste mosse dalle associazioni manifatturiere e dei consumatori americani e delle proteste dei lavoratori cinesi (vedi il caso eclatante della Foxconn, produttrice di Iphones per la Apple, dove suicidi, scioperi e proteste sono all’ordine del giorno) sfruttati sia dal loro governo che dalle aziende americane, oggi si grida allo scandalo e ci si mostra paladini del ‘made in USA’. Seppur con ricette diverse, entrambi i candidati sembrano finalmente convinti a voler riportare in casa la produzione per ridare fiato alla stagnate economia domestica.

2) Indipendenza energetica: il mito delle ‘rinnovabili’

E’ noto a entrambi i candidati che, sebbene auspicabile, l’introduzione su scala nazionale (cioe’ regolamentata a livello di governo centrale) dell’approvvigionamento di energia da fonti rinnovabili non inquinanti, e’ di fatto impossibile se al contempo si vuole mantenere l’assetto sociale, politico ed economico in vigore. Parlare di ‘energie rinnovabili’ alla maniera del presidente in carica,  e’ perlopiu’ un’ utopistica e inattuabile propaganda che mira esclusivamente ad oliare la macchina dei finanziamenti pubblici e ad ottenere i voti di chi, in buona fede e spesso senza capirne le conseguenze, vede in una decrescita regolata dal governo l’unica via d’uscita alla crisi.

L’impiego delle rinnovabili e’ quindi uno dei cavalli di battaglia di Obama (in realta’ e’ una delle linee guida del governo ombra di Bill Clinton a cui Obama deve attenersi) che su questo punto e’ sempre stato deciso ed ha investito ingente denaro pubblico, allocato dallo Stimulus Plan (di cui lo stesso Paul Krugman dubitava) in diverse aziende che hanno, guarda un po’, dichiarato bancarotta. Una di queste aziende e’ la Solyndra, un generoso donatore della sua campagna elettorale con cui voleva probabilmente sdebitarsi offrendo un appalto pubblico.  Leggete a riguardo il testo del decreto H. R. 6213, anche detto “No More Solyndras Act“.

Mentre Romney si dichiara al contempo desideroso di investire nelle rinnovabili a livello locale, statale, ma non a livello governativo nazionale cioe’ dimostra di avere le idee chiare in materia -  (perche’ in tal modo viene sia affermato un principio fondamentale sancito dalla Costituzione e si risparmiano soldi pubblici, cioe’ si rispetta la liberta’ politica ed economica dei singoli stati federati, che conoscono il proprio territorio e debbono gestire al meglio le proprie risorse. Non solo. E’ chiaro che l’esclusivo impiego delle rinnovabili non puo’ garantire gli attuali livelli di benessere ai quali siamo abituati, ne’ lo stesso assetto sociale ed economico, quindi alla base di una ‘decrescita felice’ starebbe la volonta’ consapevole e comune dei residenti di un paese, di una citta’, di uno stato eventualmente, di fare a meno di certe comodita’ e la necessita’ di modificare stili di vita e soprattutto, tutto un corollario di valori. A ben vedere quindi, e’ proprio la ricetta di Romney che potrebbe favorire una eventuale decrescita consapevole e libera, quindi democratica. E’ impensabile inoltre applicare le stesse leggi in materia di approvigionamento energetico a tutti gli stati in modo uniforme: la conformazione territoriale, il livello demografico e i bisogni economici della California sono molto diversi da quelli del Minnesota, per capirci) – e al contempo e’ aperto anche all’industria estrattiva, che ha subito un arresto in seguito al disastro del Golfo del Messico, al gas e al carbone. Il disastro del Golfo del Messico causato dalla malagestione delle operazioni di trivellazione da parte delle compagnie coinvolte ma anche dalla corruzione di funzionari pubblici che chiudevano un occhio su queste operazioni, e’ un fatto gravissimo, certo. Ma cio’ non significa che si debba ‘punire‘ (per usare il termine usato Al Armendariz, direttore della Environmental Protection Agency Administrator for South Central Region, si leggia in proposito la Resolution H. RES. 635 della camera dei deputati) un’industria come quella estrattiva che da’ lavoro a milioni di persone in America. Penalizzare questo settore significa perdita ulteriore di expertise e posti di lavoro, perdita ulteriore di indipendenza energetica ma soprattutto, perdita in ultima analisi di denaro pubblico, perche’ dalle casse delle aziende private del settore arrivano miliardi per lo stato, che e’ cosi’ in grado, non essendo questo un’azienda che crea posti di lavoro o liquidita’, di gestire la cosa pubblica: difesa, educazione, trasporti, sanita’.

Uno dei punti su cui i Democratici fanno leva quando criticano i Repubblicani, e’ il loro presunto favoritismo nei confronti delle aziende del settore estrattivo. A tal proposito Romney ha fatto notare che l’avversario politico in un solo anno ha favorito il settore delle rinnovabili con sgravi fiscali per 90 miliardi di dollari, operazioni riuscite male, vedi Solyndra, e che essendo questo un settore neonato sprovvisto di una rete di distibuzione e di tanti altri fattori (manodopera qualificata, impianti per la produzione di pannelli solari, materie prime per la produzione degli stessi – tutte realta’ disponibili in Cina), non produce neanche occupazione. Passare alle rinnovabili, al solare in particolare, non esculde ancora dall’equazione indipendenza energetica – indipendenza politica – incremento occupazione, il fattore dipendenza estera. Se gli Stati Uniti ‘petroliferi’ dipendono in parte dalle importazioni (in parte, come ho gia’ esaurientemente spiegato in un vecchio post) dai paesi OPEC, quindi dal Medio Oriente, gli Stati Uniti ‘solari’ dipendono in gran parte dalla Cina. Obama parla di indipendenza dal Medio Oriente, ma poi blocca il progetto per la costruzione di un oleodotto che consentirebbe agli Stati Uniti di importare petrolio dal Canada (vedi vecchio post sull’oleodotto KEYSTONE XL PIPELINE) e penalizza l’industria estrattiva nazionale. Parla di svincolarsi dalla Cina, ma non propone idee concrete e non contraddittorie.

Unico tasto dolente per Romney, quello del carbone; non esiste un ‘carbone pulito‘ come afferma lo sfidante alle presidenziali, e come affermava lo stesso Obama durante la sua campagna del 2008…

3) Riforma Sanitaria

Quando era governatore del Massachussets, Romney aveva introdotto una riforma sanitaria che ha delle similarita’ con quella proposta da Obama (scusate, non da Obama, ma dal senatore Ted Kennedy anni addietro) e che funziona ancora bene. Romney quindi, non e’ contrario ad una riforma che protegga i meno abbienti; semmai vuole operare secondo la stessa linea guida accennata poc’anzi, cioe’ lasciare che ogni stato a livello locale,pur seguendo linee guida dettate a livello governativo nazionale, gestisca al meglio le proprie risorse economiche per venire incontro alla popolazione in difficolta’. Cio’ si tradurrebbe in risparmio economico e garantirebbe una migliore assistenza.

La morale e’ sempre quella, si tratta di due visioni opposte della gestione della cosa pubblica: quella di Romney e’ la ricetta che ha reso grandi gli Stati Uniti, quella di Obama e’ quella che ha portato l’Europa ad essere cio’ che e’. A riguardo Romney afferma:

Spain — Spain spends 42 percent of their total economy on government. We’re now spending 42 percent of our economy on government. I don’t want to go down the path to Spain. I want to go down the path of growth that puts Americans to work, with more money coming in because they’re working.


Filed under: Politica Americana Tagged: Transcript And Audio: First Obama-Romney Debate


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