Il discorso l’abbiamo affrontato molte volte, trasversalmente,
La questione non l’ho però mai presa di petto. Facciamolo oggi, cercando di limitare le parole, per non scivolare nell’inutile filosofeggiare. In fondo oggi inizia la primavera, e ho bisogno di automotivarmi un poco. Dunque…
… Perché scrivo?
Andiamo per esclusione, così ci divertiamo.
NON ho demoni da esorcizzare con la scrittura;
NON è solo una passione;
NON è solo per i soldi;
NON è per proselitismo, perché NON ho messaggi salvifici/politici da trasmettere.
NON è un atto di emulazione degli scrittori che amo.
E allora, cos’è?
Innanzitutto direi che è un mix di queste cose (demoni a parte).
Scrivere mi piace (quindi è una passione).
Scrivere mi fa guadagnare qualcosa, il che va sempre bene (quindi è per i soldi).
Scrivere mi permette di raccontare la mia visione delle cose, anche se attraverso la narrativa di fantasia (quindi ho dei messaggi da trasmettere).
Scrivere è senz’altro anche un rendere omaggio a quelli che ritengo essere dei maestri (quindi un po’ di emulazione c’è).
No, ecco, robe da esorcizzare non ce l’ho. Questo no. Scrivere NON è quindi un atto di psicanalisi. Per molti ci sarà anche questa componente, ma per me no. La vita reale e i problemi li affronto direttamente, non tramite un foglio di carta. C’è chi fa il contrario, e a me va benissimo così.
Semmai scrivere è un’autodifesa, questo sì. Visto che è un’attività che mi piace fare, essa riesce a bilanciare le storture di una giornata nera.
Non a caso riesco oramai a scrivere quasi in ogni condizione umorale (se vi dicessi che ho scritto nel giorno del funerale di parenti più o meno stretti?).
Ma alla fine io scrivo soprattutto perché ritengo di avere delle belle storie da raccontare. Ho anche la presunzione di affermare che a qualcuno piace leggerle.
Quindi è un rapporto di dare/avere completo, semplice, immediato.
Scrivo perché mi piace essere parte attiva delle storie narrate, ma so benissimo che non ci sarebbe nulla di male se fosse l’opposto. In fondo io sono prima di tutto un lettore.
Ci sarebbe poi da affrontare tutto il discorso, importantissimo, sullo scrivere per gli altri, contrapposto allo scrivere per se stessi. Senza dimenticare tutta la questione della professionalità e del rispetto del lettore (rispetto che esige reciprocità, ma che deve avere il via senz’altro dalla parte attiva, ossia lo scrittore).
Tuttavia sono questione già discusse molte volte, mentre oggi volevo partire dalle basi, e rispondere alla domanda che molti fanno, senza però poi voler accettare questo tipo di risposta.
Perché?
Perché preferiscono quelle – un poco a cliché – elencate a inizio post.
E voi, perché scrivete?
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(A.G. – Follow me on Twitter)