"Perché scrivo? Per indagare il mistero dell'esistenza. Per tollerare me stessa. Per avvicinare tutto ciò che si trova al di fuori di me.
Se voglio capire quello che mi colpisce, quello che mi confonde, quello che mi angoscia, in breve, tutto ciò che mi fa reagire, devo metterlo in parole. La scrittura è il mio unico modo per assorbire e per sistemare la vita. Altrimenti mi sgomenterebbe, mi sconvolgerebbe troppo.
Ciò che passa senza esser messo in parole, senza esser trasformato e, in un certo senso, purificato dal crogiuolo dello scrivere, non significa nulla per me. Solo le parole che durano mi sembrano reali. Hanno un potere, un valore superiore a noi.
Visto che io provo a decifrare tutto tramite la scrittura, forse scrivere in italiano è semplicemente il mio modo per apprendere la lingua nel modo più profondo, più stimolante.
Fin da ragazza appartengo soltanto alle mie parole. Non ho un paese, una cultura precisa. Se non scrivessi, se non lavorassi alle parole, non mi sentirei presente sulla terra.
Cosa significa una parola? E una vita? Mi pare, alla fine, la stessa cosa. Come una parola può avere tante dimensioni, tante sfumature, una tale complessità, così una persona, una vita. La lingua è lo specchio, la metafora principale. Perché in fondo il significato di una parola, così come quello di una persona, è qualcosa di smisurato, di ineffabile".
"Scrivo per rompere il muro, per esprimermi in modo puro. Quando scrivo non c'entra il mio aspetto, il mio nome. [...] Sono invisibile. Divento le mie parole, e le parole diventano me."
"Scrivo per sentirmi sola. Fin da ragazzina è stato un modo di ritirarmi, di ritrovarmi".
Sabato 28 marzo Jhumpa Lahiri sarà ospite della libreria Pagina 348, in Viale Cesare Pavese 348, a Roma.Estratti da interviste. .Jhumpa Lahiri, nata a Londra da genitori di Calcutta e cresciuta a Rhode Island, nel 2000 ha vinto il premio Pulitzer con L'interprete dei malanni (pubblicato in Italia da Marcos y Marcos e poi da Guanda). Nel 2003 esce il romanzo L'omonimo che la regista indiana Mira Nair ha portato sul grande schermo. Firma di punta del New Yorker e dopo essere stata in lizza al Booker Price con il recente romanzo La moglie, Jhumpa Lahiri ha deciso di fare una scelta radicale: venire a vivere per qualche anno in Italia, misurandosi con una lingua amatissima, diversa dalla propria. Ha pubblicato il suo primo libro in italiano In altre parole (Guanda, 2015).