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Perché scrivo? Roland Barthes

Creato il 22 giugno 2015 da Viadeiserpenti @viadeiserpenti
Foto di Jaime González

Foto di Jaime González

PERCHÉ SCRIVO? – La rubrica dedicata ai perché della scrittura

Roland Barthes

A cent’anni dalla nascita dell’intellettuale francese Roland Barthes proponiamo brevi frammenti delle sue riflessioni sulla scrittura, estratti dallo speciale Barthes 100 a cura di doppiozero.

Ciò che spinge qualcuno a scrivere non può essere definito, non dal diretto interessato almeno, dato che c’è in gioco il suo inconscio…Ho un’immagina­zio­ne utopica, e spesso, quando scrivo, anche se non mi riferisco espressamente a un’utopia, ed esercito per esempio un’attività critica su certe nozioni, lo faccio sempre attraverso l’immagine interiore di un’utopia: sia essa un’utopia sociale o un’utopia affettiva. (Intervista uscita con il titolo Sur l’astrologie, in «Astrologiques», luglio 1976). 

La scrittura, insomma, non è altro che una screpolatura. Si tratta di dividere, di solcare, di rendere discontinua una materia piana, foglio, pelle, distesa di argilla, muro. (Variazioni sulla scrittura).

Scrivere è rimettersi agli altri perché chiudano essi stessi la nostra parola, e la scrittura non è che una proposta di cui non conosciamo mai la risposta (Saggi critici).

Un romanzo non si definisce per il suo oggetto ma per l’abbandono della serietà. Sopprimere, correggere una parola, sorvegliare un’eufonia o una figura, trovare un neologismo, per me partecipano di un sapere ghiotto del linguaggio, di un piacere propriamente romanzesco. Ma le due operazioni di scrittura che mi procurano il piacere più acuto sono, primo, iniziare, secondo, terminare. In fondo, ho optato (provvisoriamente) a favore della scrittura discontinua proprio per moltiplicare a me stesso questo piacere. (Intervista uscita su «Le Monde», 27 settembre 1973. A cura di Jean-Louis de Rambures).


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