Qualche giorno fa mi hanno posto una domanda.
Perchè si scrive un blog?
Sul momento ho dato una risposta abbastanza semplice e non meditata; poi stasera torndando a casa dal lavoro ci ho ripensato.
Un po’ più seriamente.
Perchè la domanda è interessante.
Senza parlare dei blog ad utilità sociale o informativa, che hanno finalità e scopi differenti da un blog strettamente privato.
Innanzittutto ritengo che chi apre e scrive un blog sia narcisista, presuntuoso e con un pizzico di esibizionismo.
Narcisista poichè parla di sè, parla di ciò che decide di sè.
Presuntuoso poichè presume che ciò che descrive, pennella ed articola possa essere di interesse, se non universale, quantomeno plurale.
Esibizionista in quanto esibisce e palesa i propri pensieri, le proprie percezioni, le proprie emozioni non ad amici ma a sconosciuti.
Lancia bottiglie di nulla in un etere assoluto e virtuale, una monade leibniziana che spera di sovvertire ed annullare l’assioma per cui si crea.
La psicologia del blogger somiglia, in parte, a quella dello scrittore che se parla di altri, parla dell’Io personale, se descrive situazioni sono quelle che desidera o aborre e disdegna, se tratteggia personaggi sono i tanti se stesso che racchiude o che incontrando rielabora secondo il proprio sentire.
E lascia che altri leggano, in ciò che scrive, quello che essi stessi vogliono vedere e trovare.
Gli ordini sono sostanzialmente due: il primo che, attraverso una maschera virtuale, racconta il vero Io, il vero Sè senza infingimenti, barriere, scudi sociali e preservativi mentali; il secondo che, sempre attraverso la maschera virutuale, racconta il Sè che vorrebbe, l’Io a cui aspira, la vita che non vive.
Il blog è essenzialmente un carnevale in cui, attraverso la maschera, racconta ciò che veramente è o ciò che veramente vorrebbe essere.
Alla fine è un esercizio di verità.