Ebbene sì, quando l’altra sera Diego Godin ha segnato il goal della vittoria, ho fatto una piroetta e aperto il pacco di fette biscottate buono. Fiuuu. E perché mai? Perché avevo fame? Perché sono un precario del Molise? Tsk, ora vi spiego tutto.
Perché il calcio italiota è – da precisamente un qualcosilione di anni – un ricettacolo (wow, “ricettacolo”. Vedi che studiare serve?) di ricconi boriosi-arroganti-strapagati che manco han voglia di giocare, cioè. L’Uruguay invece, dice il mio panettiere che l’ha letto in un pezzo di Concita, schiera terzino destro questo Pepe Mujica, che pur un po’ sovrappeso è uno che fa la vita da povero e non esagera coi carboidrati per dare il buon esempio. Altro che il nostro calciopupù.
Perché con la crisi economica, la gente che non arriva a fine mese, i mesi che non arrivano a fine gente, gli operai del Sulcis, tanto va la gatta al lardo, i fantastilioni che si mettono in saccoccia quelli che hanno a che fare col calcio sono l’emblema crudelerrimo e immorale delle ingiustizie di ogni tempo, dalla morte di Maramao al finale di Lost.
Perché da bravi italioti (ha ha, lo ripeterei da mane a sera) non siamo più capaci di valorizzare i nostri veri talenti e andiamo a guardare i tizi stranieri. Prandelli, ci voleva tanto a mettere ai marò? E dai.
Perché se fosse passata l’Italia, i media italioti avrebbero monopolizzato – inevitabilmente e supercalifragilistichespiralidosamente – i loro spazi con foto di Chiellini. Bleah.
Perché comunque mio cognato fa il dentista e dice che va bene così.
Perché se la nostra nazionale fosse passata i soliti fascistoni – non tutti, diciamo quelli che stanno sulle balle a me – avrebbero creduto di essere invincibili, come Superman. E si sa cosa capita a chi crede di essere Superman, specie se abita al quinto piano.
Perché se la nostra nazionale fosse passata molti italiani – non tutti, diciamo quelli che stanno sulle balle a me – si sarebbero sentiti – inutilmente e antanamente – amici e legati anche a Giancarlo Magalli. E si sa cosa capita a chi è amico di Giancarlo Magalli.
Perché dai, qui una volta era tutta campagna, e le mezze stagioni non esistono mica più. Tenendo poi conto che una rondine non fa primavera – e, soprattutto, si fa presto a dire gatto (più difficile dire “sternocleidomastoideo”) – concludo che rosso di sera, bel tempo si spera.
Perché sono un precario del Molise, lo ammetto, ma nonostante questo non guardo i programmi di Santoro e vi dirò di più: anche io una volta ero come voi. Cantavo “Popopopopopoooo”, mi sbronzavo, facevo le matte cose. Ma ora no. Finché non compriamo Pepe Mujica, no.