Percy Jackson, il vello d’oro e Circelandia
La mitologia greca rivista in chiave moderna fa nuovamente flop. La sceneggiatura è esile e la pellicola ne risente pesantemente. Lo sbadiglio si staglia all’orizzonte, mentre i mezzosangue (o semidei) si imbarcano in una nuova avventura.
È passato un anno dal momento che Percy Jackson ha scoperto di essere un semidio e dimostrato a tutti di non aver rubato il fulmine di Zeus. Nulla è più successo e lo stesso Percy comincia a pensare di non essere il fenomeno che immaginava. Proprio a quel punto un toro meccanico sfonda la barriera di protezione del campo e l’unico oggetto che può rimettere le cose a posto è il vello d’oro, custodito da Polifemo nelle profondità del mare dei mostri.
Tratto dall’omonimo libro di Rick Riordan (il secondo della saga), Percy Jackson e gli Dei dell’Olimpo – Il mare dei mostri fatica, e non poco. E se il primo episodio aveva scricchiolato, il secondo crolla definitivamente sotto i “colpi” mal assestati di una regia sterile, contrappuntata da un immaginario da serie televisiva anni 90 e da un’evidente difficoltà a rendere la nuova avventura di Percy Jackon appassionante e coinvolgente. Difatti Percy Jackson e gli Dei dell’Olimpo – Il mare dei mostri arranca nella narrazione e dimostra di avere una scarsa abilità nel raccordare scene e momenti topici. E in aggiunta a tutto questo si evidenziano elementi cari al genere urban fantasy, nel quale il mondo reale (normalmente quello americano) viene fantasiosamente trasfigurato in un immaginifico microcosmo (in questo caso mitologico). Così i protagonisti (spesso adolescenti e intenti a effettuare il passaggio all’età adulta) piegano al loro volere apparecchiature tecnologiche e trucchi da fiera, che mal si sposano con l’epica contenuta nella mitologia classica. Di conseguenza si assiste a una pellicola malamente costruita, che con affanno mette insieme i momenti epici con quelli sentimentali e con quelli drammatici e il risultato è un calderone mal amalgamato ed eterogeneo.
L’importante per non incorrere nella risata involontaria è fare a patti con le deliranti rivisitazioni in chiave moderna delle vicende mitologiche; l’apice dell’assurdità viene raggiunto nel momento in cui si staglia all’orizzonte l’isola della maga Circe, trasformata nel parco divertimenti Circelandia, nel quale alloggia Polifemo, possessore del vello d’oro e maldestro divoratore di satiri.Già il primo capitolo aveva evidenziato dei surreali accostamenti (l’Olimpo era all’ultimo piano dell’Empire State Building), tuttavia si era salvato grazie alla sua banale piacevolezza e alla dichiarata volontà di non prendersi sul serio. Inoltre dietro la macchina da presa c’era un esperto della cinematografia fantasy (Chris Columbus), che era riuscito a cavarsela egregiamente, mixando abilmente la computer grafica a una morale retta e incontrovertibile. Diversamente Freudenthal (il regista di questa pellicola) apparecchia il finale in vista di un terzo capitolo, cancella la morale, riduce all’osso l’apporto grafico e ci aggiunge (in modo posticcio) un 3D che fatica a conferire profondità alle sequenze.
In conclusione Percy Jackson e gli Dei dell’Olimpo – Il mare dei mostri è l’ennesimo pugno nello stomaco ai classicisti e agli amanti della mitologia greca. E, tramutando Ermes in un grande imprenditore import-export e Dioniso in un inconsolabile astemio, fatica a ritagliarsi un pubblico e un interesse. Probabilmente i bambini e gli adolescenti saranno calamitati al cinema, ma non si divertiranno.
Voto: *
Uscita al cinema: 12 settembre 2013