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Perdonare o rischiare di ammalarsi?

Creato il 17 dicembre 2013 da Leggere A Colori @leggereacolori
6969775432_e878c304f8_hMassima d’un moralista francese “Non ho mai esaminato l’anima di un uomo cattivo, ma ho esaminato una volta l’anima d’un uomo buono… e sono fuggito inorridito!”   “Ricordare è forse il modo più tormentoso di dimenticare e forse il modo più gradevole di lenire questo tormento” E. Fried, 1988 Il perdono: sentimento di superiorità? Di tenacia? Di forza? È un sentimento? Sicuramente è una grande dimostrazione, di un continuo e indissolubile legame affettivo. Perdonare fa bene, soprattutto a chi lo concede. È “terapeutico”! “Per perdonare, dobbiamo superare il risentimento, non negandoci il diritto di provare quel risentimento, ma sforzandoci di vedere il colpevole con compassione, benevolenza ed amore, pur sapendo che egli ha volontariamente abbandonato il suo diritto su di essi”. Il perdono “aggiusta” relazioni danneggiate. Il cambiamento della disposizione d’animo verso l’offensore è necessario, ma è pure necessario esternarlo anche attraverso azioni positive rivolte a colui che ha offeso. In psicologia la scienza del perdono è argomento relativamente recente, precedentemente l’atto del perdono era preso in considerazione solamente da filosofi, antropologi, sociologi e… religiosi! Dai cristiani ad es. “Dio, perdona loro perché non sanno quel che fanno”, chiede Gesù dalla croce. Non è forse quella cristiana la religione del perdono, che ha nella confessione il suo principale rituale? Non è argomento semplice, di fatto ad oggi bisogna ancora ben comprendere cosa si intende per pe Continua a leggere

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