Da Panorama del 31 dicembre 2013:
Il 2014 sarà per il Brasile l’anno della verità. E non solo perché ospiterà i Mondiali di calcio. Per il paese più dinamico fra i BRICS il prossimo sarà un anno decisivo anche sotto il profilo politico. Motivo: dopo le due presidenze di Luiz Inácio Lula (2003-2010) e il primo mandato di Dilma Rousseff (dal 2011 a oggi), il prossimo ottobre quest’ultima tenterà la rielezione. Tutti i sondaggi la danno vincitrice al primo turno, con un vantaggio abissale su Aecio Neves, il candidato del Partito socialdemocratico, il PSDB. Nipote di Tancredo Neves (il primo presidente democraticamente eletto dopo 21 anni di dittatura, che però non riuscì a insediarsi perché morì prima), non pare all'altezza dell’incarico. Oltretutto, il ritrovamento di 450 kg di cocaina purissima sull’elicottero di Zezé Perella, politico suo alleato nel Minas Gerais (che ha scatenato ogni genere di gossip sui suoi vizi privati), non aiuta i sogni presidenziali di Neves. Di certo per il Partito dei lavoratori, il PT, sconvolto dagli arresti del presidente José Genoino, del tesoriere Delubio Soares e del lobbista Zé Dirceu (ovvero la crème de la crème che accompagnò Lula al potere nel suo primo mandato), avere Aecio come avversario numero uno sarebbe un vantaggio.
L’unico pericolo per Dilma, in prospettiva 2014, è rappresentato da Marina Silva, l’ex ministro dell’Ambiente di Lula, amica del compianto Chico Mendes e già candidata per il partito verde alle presidenziali del 2010, quando ottenne un ottimo terzo posto. Senza nessun partito alle sue spalle, Marina ha scelto di allearsi con Eduardo Campos, il governatore del Pernambuco. Se sarà quest’ultimo a candidarsi con il suo PSB (Partito socialista brasiliano), tenendo Marina alla vicepresidenza, Dilma non avrà problemi. Se, invece, Silva tenterà in prima persona la scalata alla presidenza, allora i giochi potrebbero cambiare.
Nonostante la compravendita dei voti in parlamento con tanto di condanna per «associazione a delinquere» di alcuni suoi esponenti, il PT di Rousseff sembra destinato a governare il Brasile «almeno sino al 2022», come ha detto lo stesso Lula. Questo almeno è l’obiettivo dichiarato. «Solo con molti più anni con la guida del PT si riuscirà a cambiare questo paese, attenuando le disuguaglianze tra ricchi e poveri che sono ancora enormi» spiega a Panorama Sergio Lirio, del settimanale CartaCapital.
Per capire dove andrà la politica del 2014 molto dipenderà dall'economia brasiliana. Proprio la crescita del PIL degli otto anni di presidenze Lula (in alcuni casi record, come il +7,9 per cento del 2010), associata a una politica di redistribuzione dei redditi basata su programmi sociali come la “Bolsa Familia”, hanno garantito sinora il dominio al PT. Se di boom si scriveva sino a qualche tempo fa, tuttavia, oggi per il Brasile lo scenario sembra cambiato. Basti pensare al record negativo fatto registrare dal PIL nel terzo trimestre, con un calo dello 0,5 per cento che, de facto, ha piazzato il Brasile dietro gli Stati Uniti (cresciuti di quasi l’1 per cento nello stesso trimestre) ma, anche, dietro a paesi in crisi come la Francia. «Si tratta di una contingenza dovuta alla contrazione dell’agrobusiness, che ha registrato un -3,5 per cento dopo periodi di espansione» spiega a Panorama Luiz Gonzaga Belluzzo, già consigliere personale di Lula. Più preoccupante il calo degli investimenti (-2,2 per cento), a testimonianza della cattiva stampa per il cosiddetto modello Brasile sul piano internazionale. A influire negativamente (lo aveva previsto il ministro dell’Economia Guido Mantega nell'autunno scorso a New York) anche il crollo del «mito» Eike Batista, il magnate passato nel giro di un anno da uomo simbolo del Brasile a «case study» su come far fallire un impero, evidentemente dai piedi d’argilla, a tempo di record. Se poi si analizzano le analisi comparse sull’Economist nel 2009 e nel 2013, le previsioni per il prossimo anno non possono essere ottimistiche. Quattro anni fa il settimanale economico britannico aveva messo in copertina il Cristo Redentore simbolo di Rio che, a mo’ di missile, schizzava in cielo. Sul finire del 2013 lo stesso Cristo appariva in copertina, però a testa in giù. Certo il disastroso terzo trimestre ha fatto rivedere al ribasso tutte le previsioni di crescita agli analisti, che prevedono una crescita di appena il 2 per cento nel 2013 e un 2014 ancora più stagnante. Troppo poco per un emergente che, secondo quanto risulta a Panorama, potrebbe vedersi abbassare il giudizio dalle agenzie di rating.
Ma quali sono i principali problemi che il Brasile avrà davanti nel 2014? Di sicuro il Mondiale (che, a cose fatte, verrà a costare 15 miliardi di euro) non aiuta perché, come già accaduto con la Coppa delle confederazioni, è prevedibile un ritorno in grande stile delle manifestazioni in coincidenza con le principali partite.
Osservato speciale dai media planetari, il Brasile spera di saper affrontare l’emergenza ordine pubblico al meglio. Purtroppo però i problemi alla base delle proteste rimangono irrisolti. Scuole, sanità e trasporti pubblici sono ancora in condizioni deplorevoli. La corruzione dilaga e quello che ormai in molti chiamano «costo Brasile» (per una stanza d’hotel si paga a Rio il quadruplo che a New York o a Londra) è destinato a crescere man mano che si avvicina il Mondiale. Se poi la squadra brasiliana dovesse perdere, potrebbero esserci impatti negativi sul governo in carica (non però sull'economia). Il problema principale resta tuttavia la bassa produttività del lavoro: almeno di un terzo inferiore rispetto a quella di tutte le altre economie (avanzate o emergenti che siano). Tutt'altro che trascurabile anche la bassa qualificazione della manodopera in quasi tutti i settori e una burocrazia peggiore perfino di quella italiana. Anche per questo gli investimenti esteri scarseggiano. A detta degli analisti, la fuga dei capitali più liquidi, ovvero quelli finanziari, potrebbe scatenarsi nel 2014, frenando ulteriormente le prospettive di crescita.