胎児が密猟する時 (Taiji ga mitsuryô suru toki)
(Embrione)
1966
Giappone
Regia: Kôji Wakamatsu
Scritto: Yoshiaki Ôtani (Masao Adachi)
Il direttore di un centro commerciale porta nel suo spoglissimo appartamento-loculo una commessa sua sottoposta, per passare del tempo notturno assieme. Ella è null'altro che un pezzo di carne capace di fare qualche calcolo ed intendersi di merce; è immonda, può credersi razionale perché rientra in determinati ranghi organizzati, è dipendente dal giudizio dell'entourage sociale che le gira intorno, è un sacco di merda che non sa distinguere genitori da fratelli, la carne, l'amore, il piscio, lo sterco, l'umanità.
Lei, come le altre, si immagina libera e si trasforma in bestia, perché procrea individui come lui, che starebbero meglio residenti perennemente nell'agio del grembo. Madri colpevoli, che hanno preferito figliare e lasciare il mondo, che non hanno ceduto all'ennesimo accesso edipico, mogli colpevoli perché volevano figli in maniera disumana, non dal proprio uomo. Donne che hanno sempre cercato e ricevuto violenza: Maria Antonietta, sangue che diventa sangue.
La commessa, per l'uomo, non si rivela donna dei sogni ma corpo da tre soldi, che fa puerili moine. È utile per vendicarsi sulla razza procreatrice, da rieducare ad una condizione di pura unione di corpo e di spirito.
Lei, nelle pause dell'espiazione, avrà anche modo di dover cancellare dalla sua testa, in maniera drastica, l'idea che la strada percorsa con lui sia favorevole, più del suo grigio giornaliero.
La soluzione potrebbe essere la riunificazione in lei, con essenza di donna, di madre e moglie del tizio, incorporate. Lui in stato embrionale, spento. Soluzione possibile anche per lei.
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