Se il permesso di costruire rilasciato per un intervento edilizio è valido, l’assemblea condominiale non può fare valere il proprio dissenso alla realizzazione dell’opera, anche se espressa in assemblea. Farà discutere la recente sentenza del Tribunale amministrativo della Campania (Salerno) che con la sentenza n. 1409 del 22 giugno scorso ha stabilito che il rilascio dei titoli abilitativi (DIA, SCIA e permesso di costruire) non richiedono il preventivo assenso del condominio.
La vicenda prende origine dalla richiesta, da parte di un condominio, di annullare il titolo abilitativo ottenuto da uno dei condomini per la trasformazione di finestre in balconi, in occasione dei lavori di manutenzione straordinaria alle facciate del palazzo.
Nonostante il consesso assembleare si fosse espresso negativamente, durante l’assemblea di condominio, tale trasformazione veniva lo stesso realizzata in virtù di due segnalazioni certificate di inizio attività in cui non veniva dato atto della esistenza di detta delibera condominiale di diniego.
In seguito il condominio chiedeva al Comune di riesaminare le SCIA rialsciate al fine di adottare le conseguenti sanzioni. Ma i giudici amministrativi hanno respinto la richiesta, facendo notare che la verifica della validità dei titoli edilizi da parte del Comune non comprende la risoluzione di contrasti tra privati. Insomma, come a dire che se un condomino possiede i requisiti soggettivi per il rilascio del permesso di costruire, eventuali contrasti tra i condomini non possono essere addotti come causa per annullare il titolo edilizio.
Infine, il TAR elenca una serie di decisioni simili prese in passato dai vari organi della giustizia amministrativa e del Consiglio di Stato che ribadiscono tale linea.
“Deve assolutamente censurarsi quella prassi amministrativa che subordina il rilascio di titoli edilizi abilitativi al consenso dei titolari di diritti reali confinanti ovvero di diritti reali di comunione — tra cui il condominio — e finanche di diritti personali di godimento; invero, i rapporti tra l’istante e i vicini, siano essi titolari di diritti reali individuali ovvero in comunione, hanno natura e rilevanza privatistica e non devono interessare l’amministrazione locale anche perché vi è comunque la clausola di salvaguardia generale che fa salvi i diritti dei terzi prevista dall’art. 11 comma 3, DPR 6 giugno 2001 n. 380; è pertanto illegittimo il provvedimento con cui si rifiuta l’adozione di un atto amministrativo abilitativo — sia esso costituito da una concessione edilizia ovvero da una Dia — in assenza di un atto di consenso di natura privatistica ed attinente ai rapporti di diritto privato tra le parti, non previsto e non richiesto dalla legge” (cfr. TAR Latina, Lazio, sez. I, 9 dicembre 2010, n. 1949).
Così pure si afferma che “Ove la realizzazione di opere in attuazione di una DIA interessino anche il condominio, il mancato assenso di quest’ultimo, la cui porzione immobiliare inerisce, concerne esclusivamente tematiche privatistiche, cui resta estranea l’Amministrazione in sede di esame della denuncia medesima e, di conseguenza, risulta illegittima la sospensione della DIA motivata dal mancato intervento di una autorizzazione condominiale in ordine ai lavori edilizi” (cfr. T.A.R. Venezia, Veneto, sez. II, 2 luglio 2007, n. 2139).
Anche il Supremo Consesso di G.A. si è espresso in tal senso, osservando quanto segue: “Come questo Consiglio ha già avuto modo di rilevare, è facoltà del singolo condomino eseguire opere che, ancorché incidano su parti comuni dell’edificio, siano strettamente pertinenti alla sua unità immobiliare, sotto i profili funzionale e spaziale, con la conseguenza che egli va considerato come soggetto avente titolo per ottenere a nome proprio l’autorizzazione o la concessione edilizia relativamente a tali opere (Cons. Stato, sez. Consiglio Stato , sez. V, 9 novembre 1998 , n. 1583). Va inoltre osservato che ove la realizzazione di opere in attuazione di una d.i.a. interessino anche il condominio, il mancato assenso di quest’ultimo, la cui porzione immobiliare inerisce, concerne esclusivamente tematiche privatistiche, cui resta estranea l’Amministrazione (TAR Veneto, sez. II, 2 luglio 2007 , n. 2139)” (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 717).