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Permette un ballo, signorina? – Andrea Mingardi

Creato il 05 marzo 2012 da Maxscorda @MaxScorda

5 marzo 2012 Lascia un commento

Permette un ballo, signorina
Voglia di rifocillare la mia emilianita’ e dopo Dino Sarti la biografia di Andrea Mingardi.
Pochi anni di differenza tra i due, del 1936 Sarti, del 1940 Mingardi, eppure un abisso non solo musicale li separa.
La Bologna raccontata e’ sempre la stessa, la gente soprattutto, quella non cambia ma Sarti viene dall’officina, lentamente si inserisce nel mondo della musica piu’ tradizionale, quella del night appunto come suggerisce il titolo del suo libro. Mingardi invece imbocca la strada del successo sin dalla giovane eta’, con fortuna certo ma soprattutto grazie al fiuto di seguire il rock’n'roll dai suoi albori, la fede incondizionata a un genere destinato a spazzare via secoli di storia e segnare un solco profondissimo nella cultura del XX secolo.
E’ un percorso tutto in discesa il suo che non significa essere senza sacrifici ma con sforzo e impegno profusi in qualcosa che si ama al di sopra di tutto e in quanto tali piu’ leggeri e per certi versi voluti e desiderati perche’ facenti parte del gioco.
Passare come razzi gli anni ’50, un po’ di sofferenza col beat imperante dei ’60 e un ritorno stratosferico nei ’70 poi il mondo improvvisamente cambia e le balere diventano discoteche, le band si tramutano in dischi neri di vinile e una vita sul palco sostituita da un tizio che questi vinili li fa girare.
Una prima parte comica, uno stile leggero e godibile, ci si diverte con quella luce riflessa di un’epoca che indubbiamente e’ stata d’oro, poi e’ nel momento massimo dei ’70 che qualcuno rompe il giocattolo e l’avidita’ e’ l’arma con la quale l’energia rivoluzionaria di un tempo fu trafitta al cuore.
L’ultima parte del libro e’ oltremodo interessante laddove Mingardi lentamente abbandona il racconto di se stesso e analizza i motivi di un cambiamento o meglio usando la sua esperienza, tenta di dare una risposta a chi come me, non ha ancora ben chiaro come sono iniziati gli anni ’70 e soprattutto come sono finiti.
Sarebbe un’ottima occasione per parlarne ora ma e’ il libro di Mingardi ad essere protagonista.
E’ vero che la mia generazione, quella dei quarantenni del 2010, ha fatto in tempo a vedere quel mondo un attimo prima che scomparisse, troppo giovani per viverlo siamo stati i primi a farci riempire di plastica e videoclip, eppure oggi scivoliamo tra le epoche e come figli di due ere, bastardi senza un luogo e un tempo, si vaga soli e perduti tra i ricordi propri e quelli altrui. Il finale poi commuove e del resto solo una lacrima poteva essere il punto conclusivo a un racconto cosi’ brillante e piacevole e un ulteriore applauso all’autore.
C’e’ stato un tempo che fu come la splendida ragazza della formidabile foto di copertina e forse sarebbe stato meglio non conoscerlo. 
Quantomeno con i libri di Mingardi o Sarti, si puo’ in un magico transfert annullare il tempo e inseguire un’esperienza, decidere e capire il perche’ di un’era ormai conclusa.
Divertente, importante, comico e tragico. Necessario.


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