Perplessità e polemiche sull'antispecismo di destra

Da Eloisa @EloisaMassola

I commenti (un po' presuntuosi, ammettiamolo) lasciati su questo blog da un non meglio specificato "G. Cara" in calce al precedente post, riguardante le mie "perplessità" sull'interessamento di Michela Brambilla nei confronti di una tigre salvata da un "triste passato", mi hanno fornito lo spunto per alcune riflessioni, che desidero condividere con voi su queste pagine virtuali.

Innanzi tutto, occorre che riassuma lo scambio di battute fra me e il mio interlocutore: ispirato (giustamente) dai miei caustici commenti sulla sincerità della Brambilla e sulla liceità del trattamento riservato al povero animale (la tigre veniva trattata dal ministro come un gattino da salotto - pronta per essere esibita come una magnifica pubblicità vivente su YouTube), quest'ultimo mi accusava di essere una facinorosa, mossa da una degradante ideologia ("socialista", sic!) e incapace per questo di cogliere il fulgore ideale dell'antispecismo.

E' proprio questa, dicevo, la tragedia delle ideologie, in primo luogo di quelle socialiste: che ti portano a essere inutilmente e in ogni momento partigiana [...]. Ecco, la differenza è tutta qui, nella visione del mondo: di per me sono antispecista; non faccio differenze, né di opinioni politiche né di razza.

Scriveva G. Cara pochi giorni fa. La questione sulla presunta apoliticità dell'antispecismo (che dunque potrebbe divenire un vantaggioso appannaggio della Destra italiana, come dimostrano i recenti casi Brambilla, Martini e Frattini) è di difficile trattazione.

Innanzi tutto, occorre definire che cosa sia l'antispecismo. Si tratta di un movimento ancora "in divenire", senz'altro meno strutturato rispetto all'animalismo o alla zoofilia. In generale, si può affermare che esso

ha come intento la liberazione animale (umana e non) e di conseguenza una nuova società umana libera, solidale ed egualitaria . [1]

Ciò precisato, è palese che gli antispecisti di Destra farebbero bene 1) a sincerarsi di conoscere approfonditamente la teoria, la base "ideale" del movimento antispecista; 2) a verificare se questa teoria si adatti perfettamente al loro stile di vita e alle opinioni da essi propugnate riguardanti omosessuali, extracomunitari, rom, lavoratori precari... e chi più ne ha più ne metta.
Sarò pignola, ma un minimo di coerenza di fondo bisogna pur averla, visto che l'antispecismo, in quanto tale, propone una vera e propria "rivoluzione" della struttura dell'attuale società occidentale. Questo "rivolgimento" della società (consumista e non di rado razzista, xenofoba e sessista, come dimostrano alcuni eclatanti fatti di cronaca nel nostro Paese) deve passare necessariamente attraverso un allargamento di prospettiva, che non comprenda solo gli uomini né solo gli animali (in entrambi i casi ci troveremmo di fronte a fenomeni specisti), ma che si spinga ad abbracciare ogni essere vivente nell'ottica di un rapporto uomo-animale e uomo-uomo quanto più empatico possibile.

Come scrivevo a G. Cara, non si può relativizzare ogni cosa, gettare qualunque argomentazione in una soluzione asettica ed estrarla pulita e immacolata, priva di colore - e, di conseguenza, di appartenenza politica; poiché ogni tematica (e l'antispecismo non fa eccezione) presenta rimandi e collegamenti ad altri temi. L'immagine che meglio rappresenta il pensiero umano è la rete, non certo quella di una cassettiera suddivisa in compartimenti stagni.

Dunque, sentir sbandierare l'antispecismo come se si trattasse dell'ultimo bell'abito indossato da parte di chi difende in una maniera o nell'altra l'impianto stesso della nostra società (la Destra è per sua definizione conservatrice: in Italia in modo particolare, se pensiamo - ad esempio - alla sua affezione per l'obsoleta energia nucleare) o da chi compie discriminazioni nei confronti di uomini appartenenti ad altre etnie, religioni o zone geografiche è ridicolo - se non addirittura oltraggioso nei confronti dell'antispecismo stesso.

In questo senso, l'antispecismo va considerato come un'evoluzione del pensiero antirazzista: esso concepisce lo sfruttamento della natura, dell'uomo e dell'animale come parti di un unico circolo vizioso che deve essere contrastato e sciolto.

Alla base di tutto, insomma, dovrebbe esservi la coerenza, l'adesione del proprio pensiero all'agire quotidiano.
Ascoltare persone che si rispecchiano nel pensiero della Destra e poi si ergono a immacolati difensori dell'antispecismo, lo affermo senza mezzi termini, fa sorridere.

Fa sorridere perchè la Destra italiana non è (solo) la Brambilla intenta a giocare col tigrotto (per quanto pure questo ci perplima), ma è anche tutto questo:

* cinquanta chili di carne d'orso alla festa della Lega

* linea dura contro i Rom


Come può, mi dico, uno [Vittorio Feltri] che sbava di rabbia contro chiunque non sia bianco, di destra, preferibilmente maschio, ricco, potente, curarsi della sorte di creature altre per eccellenza? Quale empatia verso i non umani ci si può aspettare da chi scrive, per dirne solo una recente, che il problema dei giovani precari - lorsignorini li chiama, credendosi spiritoso - si risolve "lasciandoli invecchiare"? Quale com-passione verso i non umani può esprimere chi mai si è occupato, mai ha scritto della sorte di migranti, rom e chiunque sia discriminato, maltrattato, emarginato, respinto?


(dall'articolo di A. Rivera Zoofili di governo e leghisti mangiatori d'orsi, pubblicato sulla versione online di " Micromega" proprio un paio di giorni dopo questo post)


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