Di LAURA SERLUCA
Persona
Era stato generato da un alveare
Attaccato al blu del latte
E preso in prestito dal padre
Che di quell’onda aveva l’occhio
Nel desiderio di essere altro
E non chiusura che sorveglia.
Il tiglio disteso nelle sue braccia
Tentava di rinnovarsi nella terra arricciata
Di toccarle i fianchi sfilacciati e guasti
Parlandole senza la parola che deve spegnersi
Sfidando le ginocchia del vento in fiore
Che si sporge in avanti
E tutto quel sangue sparso nel taglio
Per sfinire l’animale
Che ad ogni atto di sole
Impastava la montagna dentro i tempi.
Dall’origine dell’opera
Sempre sul punto di sgranare lo scarto
Il suo parlato era già preparato all’edera
E a tutti gli specchi rivelati.
Da quell’aderenza incatenata al doppio
Che smaglia il loro corpo
Colano paesaggi scorticati e malintesi
Che passeggiano nell’azzurro attaccato all’occhio
Abbigliandosi così della furia del passante
Ed essendo fedeli al tarlo
Al cosmo del socchiuso
Al primo bagno di colore.