Magazine Diario personale

Perturbante

Creato il 18 settembre 2013 da Povna @povna

Nella piccola città esiste un solo mezzo di locomozione a prova provata di ritardo: la bicicletta; ed è infatti a bordo di svariati velocipedi che la ‘povna si è spostata (copiosamente) durante i suoi vent’anni di soggiorno. “Svariati” perché pochi meno di quante sono le biciclette sono i furti, che si succedono con bella armonia temporale e geografica, e vedono all’opera ladruncoli di ogni tipo, in ogni stagione e parte della città.
La ‘povna non ne è stata immune e ha cambiato, per forzosa necessità, almeno dieci mezzi. L’ultimo dei quali nel corso di quest’anno, dopo che, verso marzo, una qualche mano lesta si era intrufolata nel giardino condominiale notte tempo, segando via dalla rastrelliera la sua storica bicicletta viola.
In questi casi, c’è poco da fare. La ‘povna prima ha inveito contro il destino (baro e cinico) e poi ne ha comprata un’altra (usata, ovviamente, come tutte).
Ed è a bordo del nuovo bolide che stava percorrendo a un’ora semi-lucana la ciclabile, in una giornata di vento e sole. Davanti a lei, un altro pedalatore indefesso. Felpa col cappuccio, jeans, borsa a tracolla: l’aspetto (e i libri che fanno capolino) lo identificano come studente. La ‘povna apprezza particolarmente il fatto che sappia tenere la strada in modo acconcio, e che non vada a una lentezza tale da doverlo superare. Persa in queste considerazioni, è con moto casuale che, spinta non sa da cosa, a un certo punto aguzza la vista.
“Guarda lì che bella bici, pensa. Ha quasi il colore della mia vecchia Bottecchia”.
Intanto, affina la pedalata, per prendere la curva.
“Talmente ‘quasi’ che sembra quella”.
Il dubbio si fa strada, inizia a rosicchiarla. Pedala un po’ più veloce, scarta di lato, guarda. E là, bene in vista, sulla doppia canna della corsa da donna, campeggia la familiare scritta nera, scortecciata ma chiarissima.
“Non è possibile”. Eppure, la realtà sembra evidente. Perché, una volta che l’ipotesi le si è formata nella testa, arrivano mille particolari a confermarla: il fanale con il filo staccato, la linea bloccata del cambio, la forma del cavalletto, il fermapacchi storto.
In bella fila indiana, intanto, la ‘povna e il suo compagno sono arrivati al bivio del lungofiume. Attraversano. Poi lui – mentre la ‘povna si piega sulla canna, l’intento di stamparsi sulla retina il viso del suo vicino di strada, stupefatto – piega dritto verso la zona universitaria, fischiettando. La ‘povna (la scuola la aspetta) si inerpica sul ponte.
Ma l’immagine della bici resterà per tutta la giornata, a tormentarla, come il fantasma di una vecchia fiamma, già perduta, e tanto amata.


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