Comunque sia andata, la terrificante e assordante vicenda del duplice omicidio-suicidio a Perugia, negli uffici della Regione, lascia stupiti, interdetti ma non del tutto. Un uomo, un imprenditore di 43 anni, entra, ammazza la prima impiegata, spara alla seconda, che perde la vita nonostante le disperate cure dei sanitari, infine infligge a se stesso la morte.
Fuggi fuggi, panico, in una terra francescana, dove il verde è pace, dove latranquillità dovrebbe essere l’habitat quotidiano. L’Umbria invece non è una terra tranquilla. Perugia è un deserto, la sera è vuota e silenziosa, la cassa integrazione è tra le più alte d’Italia, i protesti sono cresciuti, dati dell’altro giorno, del 43%. Le imprese chiudono, la grande industria ha dato forfait da tempo. Acciaierie, indotto degli elettrodomestici, agroalimentare, sono un ricordo sbiadito. E la piccola impresa è al fallimento.
Comunque sia andata, l’Umbria si sveglia più disperata di prima. A Ponte San Giovanni, ieri, una profumeria, non una banca, subiva la decima spaccata nell’arco di un anno. C’è da chiedersi se tutto vada bene, se l’apparenza non nasconda un focolaio di disperata follia, di ultimo lancio nel vuoto che trascina con sè il primo che passa. Una terra che non ha autostrade, che è enclave di se stessa e che vive d’inerzia culturale e ormai economica per quello che è stata la ricchezza e la storia, si ritrova al centro del mondo per il silenzio che viene dopo gli spari. Diverso dal silenzio di pace, vuoto di disperazione prima dell’ultimo urlo di fuoco.
Stefania Piazzo