Le “Quirinarie” di Grillo sembrano l’applicazione pedissequa della legge di Peter alla zara politica: in una gerarchia ciascuno tende a salire fino a raggiungere il posto per cui è incompetente, e lì si ferma. Solo così si spiega la preferenza espressa dagli elettori grillini, ideologi del dilettantismo democratico allo sbaraglio, per personaggi famosi, come Gabanelli e Strada, che nella loro professione potranno essere anche meritevoli e degni di stima ma che trasferiti alla politica diventano maschere popolari, forse simboli delle supposte virtù repubblicane ma certamente non condottieri in grado di salvare la nazione dai suoi nemici esterni ed interni, che da tutti i lati la assediano e la insidiano. Bisogna chiarire una volta per tutte che i meriti e gli onori conquistati nelle arti, nelle scienze, nelle lettere o nelle opere di bene non sono titoli validi al banco della virtù politica, la distinzione aristotelica fra virtù etiche e dianoetiche è giusta, prova ne sia che tra i più grandi prìncipi e capi delle nazioni la storia annovera molti analfabeti e scellerati che tuttavia ancora ricordiamo per le loro opere ammirevoli, mentre fra i grandi sapienti e uomini santi pochissimi hanno sopportato l’onere di guidare una nazione e ancor meno son quelli che hanno meritato onori per questo. Anche in quei rari casi comunque la compenetrazione fra virtù etiche e dianoetiche è stata resa possibile delle virtù teologali di quegli uomini eccezionali, che secondo la vocazione battesimale sono stati in un sol tempo re, profeti e sacerdoti, condizione preclusa invece a tutti i presunti saggi, ai notabili e alle “star” della nostra repubblica che fanno della costituzione il loro vitello di carta e del laicismo l’incenso sulfureo con cui omaggiarlo a ogni piè sospinto. Sappiamo di essere “popolo dalla dura cervice”, come gli Israeliti, per questo chiunque verrà eletto a prima carica dello Stato è più verosimile che sarà un nemico della nazione piuttosto che un suo salvatore.