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Peter Bogdanovich presenta "L'ultimo spettacolo", del cinema autentico miracolo

Creato il 29 marzo 2011 da Dejavu
Film di esordio di Miss Memphis - Cybill Shepherd - L'ultimo spettacolo è un lungometraggio girato nel 1971 che vi conquisterà con la stessa forza posseduta da una romantica nostalgia.
Siamo ad Anarene, nella polverosa e desolata provincia texana, alla viglia della guerra in Corea. 
L'unica attrazione esistente in città, dopo le fatiche rubate dai pozzi petroliferi, è una sala da biliardo con annesso cinema.Douane (Jeff Bridges), Sonny (Timothy Bottoms) e Jacy (la Shepherd) consumano la loro pubertà in attesa del diploma, tra pomiciate, aspirazioni acerbe e monotone feste studentesche. 
Sonny si divide tra le attenzioni di una giovane e sgorbutica, impaurita dalle implicazioni del sesso e le delicate attenzioni adulterine di una quarantenne,   moglie del suo insegnante di ginnastica.
Douane e Jacy hanno una relazione socialmente inaccettabile: povero in canna ma bullo e attraente lui, benestante e principesca lei. 
La madre di Jacy (una Ellen Burstyn ancora lontana dal chiamare L' Esorcista) quando non è tra le braccia dell'amante, passa il resto del tempo a mettere in guardia la figlia dal rischio che si butti via con uno squattrinato come Douane. Finchè una sera, quella sensualità provocante che Jacy sta cominciando a sperimentare su se stessa incontrerà la rude voglia di possesso di un uomo maturo che profitterà di lei sulla tavola del biliardo, cambiando per sempre il corso del suo destino.













L'ultimo spettacolo - il titolo deriva dall'ultima proiezione in sala che accomunerà le vite dei protagonisti - è puro lirismo in bianco e nero, ove però la bicromia non sposa le contraddizioni e le incoerenze della piccola realtà americana, molto più complessa e sfaccettata di quanto paia a prima vista. L'assenza però sullo schermo di tonalità diverse era l'unico modo - secondo il regista Peter Bogdanovich - per togliere dalla narrazione la vivacità dei colori del Texas, troppo aggressivi per riuscire a rendere quella melanconia e quella intima rassegnazione di cui i personaggi sono, ciascuno a loro modo, intrisi e che viene rappresentata con estrema delicatezza.  
C'è, lungo tutto il film, una pulsante voglia di riscatto da una sorte già segnata e prevedibile, che ognuno cerca di perseguire con differente vigore. Quando il cinema chiude e muore il padrone del biliardo (il pemio Oscar Ben Johnson), le vie di fuga sono cancellate. C'è chi prende l'ultima corriera per seguire sogni totalmente diversi da quelli cullati e chi preme sull'accelleratore del proprio furgone, senza tuttavia riuscire a muoversi di un miglio dalla condanna che il proprio futuro somiglierà spaventosamente al passato.    
Timothy Bottoms - attore che ho sempre amato - si innamorò perdutamente di Cybill Shepherd sul set, ma l'attrice già era divisa tra la frequentazione di Elvis Presley e il ruolo della compagna del regista del film, Bogdanovich che nel 1990 tornerà a dirigerla - insieme a Bottoms, Bridge e a gran parte del vecchio cast - nel sequel Texasville.
The last picture show fa parte, con altre 500 pellicole e a buon diritto, del National Film Registry, che conserva film culturalmente, storicamente o esteticamente significativi. E non potrei apprezzare maggiormente questa decisione.

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