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Peter Lenz

Da Lidiazitara @LidiaZitara

Il web e la tv digitale si affannano a raccontarci che il Mugello è stato vinto da Lorenzo, e che Valentino è caduto al primo giro.
Non seguo più “le motociclette” dalla morte di Tomizawa. Ero a Lucca quella domenica, non avevo modo di seguire le notizie. Sapendomi appassionata un amico giardiniere, Greg, mi disse: “Forse è morto un pilota”.
Era morto sì, Tomizawa, e in molti lo sapevano prima che terminasse la gara. Lo sapevano i medici, gli organizzatori, ma la gara non fu interrotta.
Solo dopo fu data la notizia, e insieme a quella della morte di Tomizawa si seppe che poco prima era morto un ragazzo, un bambino, Peter Lenz, in una gara di contorno al neonato circuito di Indianapolis.
Nessuno l’aveva detto, nessun giornalista, perchè il clima festaiolo non fosse turbato da luttose notizie.

Poi morì Simoncelli, rimasto immobile sull’asfalto, lungo, a braccia aperte, senza casco. Tutti abbiamo capito subito.
Un evento mediatico di ben altra portata, un ricco banchetto di morte su cui i giornalisti si sono avventati come sciacalli e su cui stanno ancora pasteggiando.

Che dignità ha uno sport che lascia un bambino e due ragazzi sull’asfalto, morti, nel giro di pochi giorni? Che dignità ha chi lo racconta ancora entuasista, chi lo segue, chi lo pratica?
Un bambino di tredici anni o giù di lì, di cui nessuno parlò per non distrarre il pubblico, di cui essuno ricorda il nome. Peter Lenz. Peter Lenz.


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