La conferenza stampa tenutasi ieri all’hotel Sheraton di Bolzano, ha infatti mostrato uno Schwazer distrutto, una persona che da mesi era consapevole dell’errore che stava commettendo, che stava andando contro la sua morale, contro la sua salute psicologica. Ieri abbiamo visto un uomo fragile, che non ha saputo dire di no a chi lo voleva vedere trionfare ancora dopo Pechino, perché da uno che vince un oro olimpico non si può accettare che smetta. E invece lui voleva una vita normale, senza pressioni, senza aspettative, quelle stesse aspettative che non voleva deludere, ma che invece ha finito per tradire in maniera ancora maggiore.
Ha voluto lanciare un segnale Schwazer, un urlo, far capire il suo dramma a chi gli stava vicino, a chi non capiva che la vita che stava trascorrendo non era quella che lui voleva, ma quella che gli altri volevano per lui. Un pensiero a Pantani ci viene naturale. Chi di noi non ha mai avuto un crollo psicologico? Chi non ha mai fatto un errore nella propria vita? Ognuno poi reagisce a modo suo, rimedia a modo suo, c’è chi è più forte e sa rialzarsi da solo, c’è chi ha bisogno di aiuto, c’è chi, più sensibile di altri, comincia a bere o a drogarsi. Schwazer ha sbagliato, sia chiaro. Ha violato una delle regole più importanti per lo sport, una di quelle norme che ci consentono di credere nella serietà e correttezza delle competizioni e quindi è giusto che paghi. Ma l’uomo, come ha detto Petrucci, va salvaguardato, così come va salvaguardato il tossicodipendente che, consapevole del proprio errore, desidera reinserirsi nella società.
E proprio come non c’è di meglio che un ex tossicodipendente per sensibilizzare e comunicare con chi alle droghe si sta avvicinando o si è appena avvicinato, così crediamo che Schwazer, in linea con il pensiero di Petrucci, sarebbe la persona ideale per portare avanti una campagna antidoping. Metterlo alla gogna, invece, sarebbe un’azione totalmente priva di umanità.