PFQ (piccoli fastidi quotidiani)

Da Fishcanfly @marcodecave

Sapete per cosa sono realmente indignato?

Non per il governo, del tutto legittimo tra l’altro, né per le tante situazioni di grave disagio sociale che ci sono nel nostro paese. In tal senso offro quotidianamente il mio piccolo grande contributo a migliorare la comunità alla quale appartengo (Signora Ipocrisia ringrazia).

Questi, tutto sommato, sono “mali” che possono essere abbattuti. Senza farvi venire un infarto che nessuno vuole invitarvi alla rivoluzione. Morire per delle idee, vabbé, ma di morte lenta…ci rammenta Faber.

è un po’ di tempo che tengo questa cosa su per il gozzo: io sono indignato a causa della cosiddetta “montagnozza” nel piatto che viene servito a tavola.

Dunque, sei seduto, come ogni giorno, nella sala da pranzo, a discutere con un lord tuo amico, delle condizioni fisiche del tuo fox terrier Pablo preoccupandoti che sia pronto per la caccia alla volpe, questa domenica avvenire.

Arriva alle vostre spalle il cameriere e vi serve nel piatto una manciata di spaghetti. Due manciate, tre manciate. Rapidamente il piatto si riempie e dinanzi a voi si palesa il Monte Bianco degli Spaghetti, il Kilimangiaro delle Fettuccine, l’Everest dei capellini.

Visione aerea del piatto di pasta. L'altitudine favorisce neve perenne ad alta quota.

Il sangue ribolle in ogni capillare, gli occhi si accendono di un antico epico furore. Ti alzi, la sedia si catapulta in terra, il cameriere spaventato si prostra temendo il peggio per la sua vita, porti una mano sotto il piatto appena riempito, sollevando la montagna di pasta, non collina tollerabile, non dolce pianura, montagna!

In quel momento non ti senti Maometto.

Ti senti un uomo dell’Occidente ricco, offeso. Sollevi il piatto e lo scagli con violenza contro i girasoli di Van Gogh che ora non saranno più tanto gialli. Anche il tuo ospite si è alzato in piedi, orripilato da simile vituperio al gusto, all’occhio.

Eh sì, perché l’appetito è prima di tutto questione visiva. Non parliamo di fame o di affamati, parliamo di pranzi nei quali la “catena di piatti” deve essere un dolce effluvio, tra un piatto e l’altro l’anello di congiunzione deve avere il peso di una farfalla che vi condurrà fino in fondo, al dolce.

Dio salvi la Regina dalle montagnozze di pasta, dai piatti ricolmi, dalla soverchiante abbondanza di mangime. Non siamo polli da allevamento da mettere all’ingrasso. Dobbiamo nutrirci con delizia. Non abbuffarci con malizia.

E così nella vita: ciò che conta non è nella quantità, ma nella qualità.

Il desiderio, l’appetito ha a che fare con l’eros. La vita è saper provocare un nuovo desiderio senza essere mai sazi.



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