Philae è in volo verso la cometa

Creato il 12 novembre 2014 da Media Inaf

E infine ha spiccato il volo. Philae, il piccolo passerotto europeo, dopo oltre dieci anni trascorsi sotto la sua ala protettiva, ha detto per sempre addio a “mamma Rosetta” per lanciarsi là dove mai nessuno ha osato prima: sulla superficie d’una cometa. Una pazzia. Se la prima metà dell’esortazione del decennio, lo “stay hungry, stay foolish” di Steve Jobs, è stata abbondantemente assecondata complice il perdurare della crisi economica, con l’ardita impresa di oggi la nostra vecchia Europa mostra, finalmente, d’avere ancora quel tocco di follia senza il quale nessuna avventura può dirsi veramente tale.

Un tuffo d’una ventina di chilometri, quello nel quale si sta cimentano ora Philae, da un trampolino che di chilometri ne misura mezzo miliardo – questa la distanza che separa la sonda ESA dalla Terra. Un tragitto talmente lungo che, pur viaggiando alla velocità della luce, il segnale di avvenuta separazione ha impiegato la bellezza di 28 minuti e 20 secondi per giungere a ESOC, il centro di controllo delle missione. E almeno altrettanti ne impiegherà questo pomeriggio l’agognato messaggio di touchdown, atteso qui sul nostro pianeta per le 17:02 ora italiana.

Sette interminabili ore da trascorre col fiato sospeso, durante le quali Philae, oltre a veleggiare verso la meta, si sta dando da fare come mai prima. Dovrebbe infatti mantenere un contatto radio pressoché ininterrotto con la sonda madre, inviando dati e immagini raccolti da alcuni dei suoi dieci strumenti di bordo: è spettato a CIVA l’onore di scattare la foto d’addio a Rosetta, mentre ROLIS tiene l’obiettivo saldo verso il suolo, ROMAP analizza l’interazione tra vento solare e plasma cometario, SESAME si occupa di misurare polvere e plasma, COSAC e Ptolemy sono intenti a raccogliere campioni “atmosferici” e CONSERT, capace d’emettere onde radio in grado di trapassare l’intera cometa, ha il delicatissimo compito di tenere sott’occhio la velocità di discesa e di studiare la superficie della zona d’attracco.

La sindrome del Beagle

Un fervore d’attività indispensabile per sfruttare al massimo un’opportunità irripetibile dal punto di vista scientifico, certo. Ma anche per esorcizzare lo spettro d’un insuccesso da mettere in conto, vista la complessità della missione. Uno spettro che ha per l’ESA un nome e sembianze ben precise: quelle di Beagle 2, l’infelice robot destinato al suolo marziano. Anche in quel caso erano coinvolti un lander e un orbiter, la sonda Mars Express. E sebbene quest’ultima abbia rappresentato – e rappresenti tutt’ora – un successo scientifico strepitoso, la sua popolarità è stata a lungo compromessa dalla perdita del lander.

Un destino mediatico iniquo che l’ESA assolutamente non vuole più rischiare, soprattutto ora che Rosetta sta vivendo il suo meritatissimo periodo di grazia. Ecco dunque i giusti richiami alla priorità e all’autonomia di Rosetta quanto a valore scientifico. L’attenzione posta a non ridurla ad anonimo taxi spaziale, dotandola al contrario di una propria personalità, con tanto di volto animato e pagina Facebook. E la cura posta nella raccolta di dati, da parte del lander, già in fase di discesa (vedi infografica in alto).

Vai, Philae, vai, siamo tutti con te

Tutto vero, tutto ineccepibile. Ma al cuore non si comanda. E almeno per oggi il cuore d’Europa e del mondo batte – all’impazzata – con quello del piccolo Philae. E comunque si concluderà la discesa, un miracolo l’ESA l’ha già compiuto: mai un’impresa spaziale europea aveva raccolto attorno a sé tanta partecipazione. Persino la NASA è almeno dai tempi dei due robottini marziani Spirit e Curiosity che non riesce a coinvolgere emotivamente un pubblico così vasto.

Eccitazione facilmente prevedibile per un’avventura senza precedenti nella storia dell’umanità, d’accordo. La conferma d’avere tutti gli occhi puntati addosso, però, all’Agenzia spaziale europea devono averla avuta con la pubblicazione online delle prime fotografie ravvicinate della cometa. Pare infatti che all’inizio molti dei membri del team scientifico fossero restii a diffondere in tempo quasi reale quelle immagini mozzafiato, in particolare quelle che per prime mostravano l’assurda conformazione “a papera” di 67P/C-G. Ma quando, sui social network, fan e followers – in fin dei conti, tutto pubblico pagante – hanno preso a reclamare a gran voce di volere le foto della cometa, di volerle tutte e di volerle subito… Come non cedere alle richieste? Come non abbandonarsi all’ondata d’entusiasmo?

Ora è il turno di Philae. Grande come una lavatrice, dal peso d’un quintale e dal costo di 220 milioni di euro (insomma, un “passerotto” di tutto rispetto), la partecipazione popolare nei suoi confronti s’è espressa nelle forme più varie. Persino con valutazioni su scelte lessicali. Inevitabili le battute sul nome del sito d’atterraggio: “punto J”, prontamente ribattezzato Agilkia da una politicamente correttissima consultazione popolare. Agguerrite, almeno dalle nostre parti, le argomentazioni sul termine da usare per descrivere l’opera che Philae si accinge a compiere oggi: atterraggio? Attracco? Sbarco? Abbordaggio? Accometaggio? E se c’è chi piange per “l’offesa inferta alla lingua italiana” da quest’ultima opzione, non manca chi si rallegra per il ruolo di rilievo ricoperto dall’Italia in Rosetta: basta una rapida scorsa alla pagina che elenca “gli uomini e le donne che fecero l’impresa” per rendersene conto.

Un lancio nell’ignoto, dunque, ma non un lancio in solitudine. Ad accompagnare Philae nel suo ultimo miglio c’è un intero pianeta. E quella sospirata cometa la mancheremo o la toccheremo insieme.

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Fonte: Media INAF | Scritto da Marco Malaspina


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