SD2 ha funzionato, ma non è chiaro ancora quan
Ma nonostante questo “il piccoletto” si è dato da fare, o almeno questo è quanto riporta Mario Salatti che del Lander è il Program Manager per l’ASI. Nella nota redatta oggi “la sera del 13 novembre, si è presa la decisione di far operare SD2: la sequenza prevedeva che il trapano compiesse una corsa di 560 mm dal suo “reference point”, acquisisse un campione attraverso il “sampling tube”, si ritraesse all’interno del corpo di Philae dove, in seguito alla rotazione del carosello di distribuzione, avrebbe rilasciato il campione nel fornetto dedicato; a questo punto, una nuova rotazione del carosello avrebbe portato il fornetto in corrispondenza della posizione dello strumento COSAC”.
La telemetria di SD2 ha mostrato che sia il trapano che il carosello di distribuzione hanno funzionato in maniera nominale eseguendo le operazioni meccaniche comandate. La ideatrice e responsabile dello strumento, Amalia Ercoli Finzi, riferisce che da quanto si desume dalla telemetria “il trapano ha raggiunto la distanza di 468,5 mm sotto il piano inferiore del corpo di Philae (560mm dal suo reference point), è stato eseguito il comando di estrazione del sampling tube, il trapano è stato richiamato all’interno, il carosello di distribuzione è stato ruotato in maniera da sottoporre il sampling tube al giusto fornetto, il carosello ha ruotato di nuovo per portare il fornetto alla portata di COSAC”.
Tutto ciò deve tener conto anche SD2 ha operato in condizioni non nominali, in quanto Philae non è assicurato alla superficie che il trapano intendeva raggiungere. La telemetria mostra un comportamento nominale dello strumento, sebbene ciò non garantisca che SD2 sia stato in grado di raccogliere un campione: lo strumento infatti non possiede dei sensori dedicati che possano confermare che il suolo sia stato raggiunto, né se un campione sia stato effettivamente raccolto nel sampling tube, neanche se questo sia stato poi scaricato all’interno del fornetto.
Sarà l’analisi dei dati degli altri strumenti che ci diranno se c’è stata reale interazione tra il trapano di Philae e il suolo della cometa. Intanto l’analisi dei dati raccolti da COSAC è in corso: dalla telemetria si può dire in maniera preliminare che non vi è un’evidenza chiara che permetta di confermare o escludere la presenza di materiale nel fornetto. Anche la natura del materiale, magari povero di volatili, può aver giocato un ruolo nella qualità delle misure di COSAC.
Per quanto riguarda le batterie del lander, dalla telemetria acquisita nel luogo dove si trova Philae, è emerso che solo il pannello solare SA2 era completamente illuminato, mentre i pannelli SA3 e SA6 hanno dimostrato una produzione di energia minore (sono sei i pannelli solari di Philae). Il profilo di potenza dei pannelli mostra un improvviso calo, probabilmente dovuto alla vicinanza di una parete molto ripida. Lo stesso andamento è stato visto anche nei 4 giorni cometari di cui abbiamo testimonianza dalla telemetria. Purtroppo, i due pannelli più grandi SA1 e SA5 – montati sulle due facce laterali opposte tra loro – non hanno prodotto alcuna potenza. E’ stata comunque comandata una manovra di rotazione del corpo del lander per cercare di ottimizzare l’allineamento dei pannelli verso il Sole.
Questo l’aggiornamento odierno, consapevoli che ogni giorno può regalarci una sorpresa.
Fonte: Media INAF | Scritto da Francesco Rea