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Philomena

Creato il 31 gennaio 2014 da Af68 @AntonioFalcone1

1Film in concorso alla 70ma Mostra Internazionale d’ Arte Cinematografica di Venezia, dove ha conseguito, fra l’altro, il Premio Osella per la migliore sceneggiatura (Steve Coogan, anche protagonista della pellicola, e Jeff Pope), in attesa che si pronunci l’Academy*, Philomena rappresenta un felice connubio fra lo stile registico di Stephen Frears, elegante, semplice e diretto, mai invasivo, sempre attento ad offrire il giusto risalto a situazioni, eventi e personaggi, oltre che alla denuncia sociale, ed una scrittura pressoché perfetta, volta a delineare un intreccio particolarmente suggestivo e coinvolgente, grazie anche ad un efficace intarsio di dialoghi capaci di conciliare dramma, riflessione e sorriso, ben resi dalle ottime prove attoriali di Judi Dench e Coogan.

Judi Dench

Judi Dench

Basato su una storia vera, che ha già dato vita al libro The Lost Child Of Philomena Lee (Martin Sixsmith, edito in Italia da Piemme), il film mette in campo in primo luogo una diversa visione del mondo e delle umane vicende espressa dai due protagonisti, il tema classico di uno scontro iniziale che volge al confronto sino a giungere alla comprensione reciproca, valida a conferire un senso inedito alla propria esistenza pur mantenendo diversità di vedute.
In seconda analisi risalta la durezza di un cattolicesimo istituzionalizzato, arroccato nei crismi di un credo punitivo e rancoroso, che non riesce ad amare il prossimo come se stesso, anzi lo relega in una situazione di sottomissione e disprezzo, cui si contrappone la fede più pura, scaturente dal cuore di chi dalla vita ha saputo accettare tutto, senza rimpiangere o recriminare alcunché, mantenendo fierezza e dignità pur nell’imposizione del “marchio dell’infamia” da parte di quanti hanno dimenticato la limpidezza della parola “perdono”, al di là di qualsivoglia connotazione offerta dalla religione professata.

Sophie Kennedy Clark, Philomena da giovane

Sophie Kennedy Clark, Philomena da giovane

Il suddetto lindore, espresso con disarmanti toni naïf, è quello proprio di Philomena Lee (Dench), infermiera irlandese in pensione, la cui esistenza è ancora tormentata da un ricordo indelebile che tiene stretto dentro di sé, risalente alla sua giovinezza, quando, siamo nel 1952, rimasta incinta dopo un rapporto occasionale, vissuto con lo slancio generoso, puro ed ingenuo proprio della prima volta, venne affidata dal padre (meglio, ceduta) alle suore di un convento presso Roscrea, fra i tanti rientranti nelle Magdalene Laundries, dove le “donne perdute” ripagavano l’accoglienza con i lavori di lavanderia e i loro figli, venuti alla luce senza alcun riguardo per la partoriente e il suo dolore, venivano venduti a quelle famiglie cattoliche di buon cuore e sottintese floride condizioni economiche. Stesso destino toccato, all’età di 3 anni, ad Anthony, il figlio che Philomena non è riuscita più ad incontrare, ignorando dove quel bambino sia cresciuto e divenuto uomo, quale posto, ormai cinquantenne, possa occupare nel mondo e cosa rammenti delle sue origini.

Dench e Steve Coogan

Dench e Steve Coogan

Una volta svelato il segreto a sua figlia, sarà quest’ultima a farle incontrare Martin Sixsmith (Coogan), giornalista, ex addetto alla comunicazione per il governo britannico di Tony Blair (il film si svolge nel 2003), il quale, nel tentativo di risalire la china, potrebbe interessarsi, per la pubblicazione su una rivista di gossip, della storia di questa donna così distante dal suo modo di vedere la vita: ateo, cinico e disincantato, forte di un’intelligenza allevata nei migliori istituti, caduto improvvisamente dal podio dei vincenti, esterna rancore verso tutto e tutti, al contrario di Philomena, che con l’intuito proprio degli “ultimi” descritti nel Vangelo, offre a quanti incontra identici sorrisi ed una genuina, calorosa, delicatezza, predisponendosi al’immedesimazione. La verità che verrà fuori si rivelerà sorprendente e spiazzante e, come già scritto, capace di conferire un diverso significato alle loro vite.

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Philomena è uno di quei film capaci di intrigare innanzitutto grazie alla magnetica forza espressiva propria dei due magnifici interpreti:Judi Dench ci fa sussultare, commuovere, ridere nel volgere di un istante, ora con uno sguardo silente ma pregno di significato, ora con un disarmante sorriso o un lieve gesto, e i duetti con l’altrettanto bravo Coogan, il cui sarcasmo si snoda con rara levità, sono a mio avviso già da antologia. Penso allo scambio di battute scaturenti dall’affrontare situazioni inedite per una donna da sempre confinata nella sua terra natia, come l’imbarco aereo a bordo di una vetturetta elettrica, cui invece Martin offre una scafata indifferenza, o l’appassionato racconto delle trame più improbabili scaturenti dalla lettura di romanzetti rosa proposto da Philomena al cinico intellettuale, per non parlare dei battibecchi sull’esistenza o meno di Dio. Non è poi da sottovalutare l’efficacia registica e tecnica in generale, certo lontana, credo volutamente, da particolari slanci inventivi ma estremamente valida nell’assecondare le intenzioni dello script, basti pensare allo splendido inizio, il montaggio alternato col quale vengono presentati i due protagonisti, le modalità e i trascorsi delle loro vite o all’incedere naturale, vero e proprio flusso di memoria, dei flashback relativi all’adolescenza di Philomena, struggenti ed empatici.

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Particolarmente efficaci poi le modalità attraverso cui veniamo a conoscenza dei particolari della vita di Anthony, frammenti di un filmino in super 8, che andranno a ricomporsi in un ordinato fluire nel finale e l’impatto offerto dalla rivelazione del segreto celato negli anni dal convento di Roscrea, piuttosto violento, in particolare nel visualizzare la durezza inviolabile e refrattaria ad ogni comprensione propria di una religione che ha dimenticato cosa voglia dire l’espressione “misericordia voglio, non sacrificio” (Mt, 9,13), nella ferma pretesa che debba essere il dolore, la reiterata sofferenza, ad offrire salvifica idoneità alla vita. “Cinema di una volta”, si è scritto e detto da più parti, ed è certo così, ma sempre capace di scaldarti il cuore con gli “effetti speciali” delle emozioni sincere e della spontanea ironia, offrendo in definitiva un afflato del tutto in sintonia con la realtà di ogni giorno.

*Quattro candidature agli Oscar per Miglior Film, Attrice Protagonista (Judi Dench), Colonna Sonora Originale e Sceneggiatura non originale.


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