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Phnom Penh

Da Matteo Picchianti @Matteod612

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Partiamo da Siem Reap in autobus (6 ore circa di viaggio) con la compagnia Giant Ibis (www.giantibis.com) servizio veramente impeccabile, prezzi un po’ sopra la media (15$ a persona) ma comprensivi di pick up dall’albergo, colazione, autobus nuovi, spaziosi, con aria condizionata e wi-fi.
L’arrivo a Phnom Penh è quindi alle 14, avendo letto da più parti (confermatoci poi anche da altre persone durante la permanenza a Siem Reap) che a Phnom Penh non c’è molto da fare, optiamo per restarci una sola notte e di ripartire il giorno seguente per il Vietnam, vera meta di questo nostro viaggio.
Alla stazione dei bus prendiamo il primo tuk tuk, non abbiamo molto tempo e vorremmo riuscire a visitare sia i campi di sterminio che Tuol Sleng, contrattazione veloce, 15 $ per tutto pomeriggio e ci facciamo portare in albergo, il Mad Monkey (madmonkeyhostels.com), un ostello frequentato da molti viaggiatori zaino in spalla, ambiente molto giovane (troppo) tanto che alle 1 di notte il bar dell’albergo ha la musica a tutto volume. La nostra camera ovviamente era quella adiacente. A parte questo, camera grande, personale disponibile ed ottima posizione, a poche centinaia di metri da Tuol Sleng.

I campi di sterminio di Choeung Ek si trovano circa 15km fuori dal centro di Phnom Penh, l’ingresso costa 6$ comprensivo di audioguida anche in italiano. All’interno dello spazio che una volta ospitava il campo, non è rimasto niente, è stato tutto raziato dopo la caduta del regime di Pol Pot.
Nei prati è stato organizzato un sentiero che, percorso ascoltanto i racconti e le testimonianze di cio’ che è accaduto, risulta veramente toccante.
Ancora oggi, durante i periodi di forti piogge, ossa umane affiorano dal terreno e vengono raccolte e catalogate dai responsabili del luogo.

La mattina seguente abbiamo concluso il percorso visitando la scuola-prigione Tuol Sleng, facilmente raggiungibile a piedi dall’albergo, entrata 3$.
L’ U-21, se possibile, risulta ancor più toccante dei campi di sterminio in quanto tutto è ancora integro: le celle, gli strumenti di tortura e le migliaia di foto in bianco e nero di prigionieri sia vivi che morti appese alle pareti rendono l’atmosfera veramente pesante.

La Lonely Planet Cambogia descrive la città di Phnom Penh come pericolosa a causa di frequenti scippi e rapine; mi è capitato altre volte di leggere le stesse cosa su altre città poi rivelatesi completamente infondate, in questo caso mi sono dovuto ricredere: mi è stato gentilmente consigliato più volte dai guidatori di tuk tuk di nascondere la reflex nello zaino e di tenerlo ben stretto durante il viaggio a causa dei frequenti furti. Molti tuk-tuk sono ormai dotati di reti “anti-scippo” poste ai lati dei passeggieri. Visti i reiterati avvertimenti, la sera siamo usciti lasciando praticamente
tutto in albergo e portandoci dietro soltanto i soldi strettamente necessari alla cena.

Il ristorante che abbiamo provato e il Top Banana Rooftop Bar, vicino all’albergo e facilmente raggiungibile a piedi (incrocio tra la 278 e Pasteur). Nonostante il BBK1 sia un quartiere signorile (ci sono guardie private ovunque e macchine da 70000 euro in su) ed il locale da fuori possa apparire un po’ dispendioso, i prezzi sono buoni 7/8$ ed il cibo ottimo, abbiamo provato fried noodles con pollo, pad thai di gamberi e delle crepes… tutti veramente squisiti.

Per quanto breve, la visita a Phnom Penh è stata particolarmente intensa e la suggerirei a chiunque, magari proprio come prima tappa, fondamentale per capire meglio il Paese che si andrà a visitare.

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