Phobos è il nome del dio appartenente alla mitologia greca che divinizzava la paura, ma da oggi è anche il nome che è stato attribuito ad un software rivoluzionario che servirà ad eliminare disturbi d’ansia e comuni fobie.
Come forse sapete, lo sviluppo software non è a buon mercato e questo progetto Indiegogo non si limita a pretendere solo i diritti di licenza software, la creazione di ambienti 3D e delle animazioni, il miglioramento dell’intelligenza artificiale di scripting e produzione del suono, ma cerca di raggiungere una quantità di fondi tale da permettersi anche l’hardware adeguato e specifico, necessario per i benchmark e i test di Phobos, come ad esempio: sensori da applicare sulla pelle, monitoraggio della frequenza cardiaca, un IPD (distance- inter-pupilary, strumento di misurazione), dei dispositivi di tracciamento del movimento STEM -Sixense, un tool per il posizionamento 3D del suono, un input vocale per comunicare con il paziente.
Le ambizioni, avrete intuito, sono tante e sarà necessario, comunque, ricreare una combinazione di ambienti 3D chiusi o aperti che suscitino specifiche emozioni (la paura, l’ansia, il comfort o il malessere e con scenari relativi a città, metropolitane, animali, montagne, grattacieli, aeroporti ecc.), infine, almeno una simulazione di interazione con la folla sulla base di alcune osservazioni psicologiche.
Il fondatore del progetto è Fernando Tarnogol, collaborano con lui Eileen Murphy (Communication Manager) e il dottorando co-fondatore Francesco Rojas.
L’ansia è uno dei più frequenti problemi psicologici e colpisce il 18-25% della popolazione. Non sono pochi gli studi che hanno dimostrato come la VR possa essere un efficace metodo di cura contro queste forme di problemi, grazie alla possibilità che offre di ricreare a comando l’esposizione ai fattori di stress come avverrebbe dal vivo, nel caso, ad esempio, delle grandi altezze e dei relativi problemi di panico o vertigini.
Questa piattaforma 3D destinata ai trattamenti in realtà virtuale ed alla ricerca sperimentale ha, inizialmente, l’intenzione di curare e studiare le seguenti patologie:
- Acrofobia (paura delle altezze), che colpisce il 10% delle persone
- Aracnofobia, Ornithofobia e altre fobie correlate a presenza di animali
- Aerofobia (paura di volare)
- Claustrofobia
- Agorafobia ed alcune forme di sintomi di ansia cronica e acuta dovute a situazioni quali: spazi affollati / spazi aperti, ansia da mezzi di trasporto pubblici.
Gli ambienti virtuali sono progettati per supportare i protocolli standard di trattamento CBT (terapia cognitivo-comportamentale). In futuro, si mira ad aggiungere ambienti 3D che curino anche la paura di parlare in pubblico (glossofobia), la paura di guidare e, tra gli altri, uno scenario sperimentale con molteplici applicazioni che si chiamerà “The Sim”, di cui i dettagli ci verranno rivelati più avanti durante la campagna raccolta fondi.
Recenti ricerche hanno, inoltre, individuato delle aree del cervello che regolano il nostro senso di presenza ed esse dimostrano come un ambiente VR attivi tali aree nello stesso modo in cui esse si attivano in situazioni reali.
La terapia in VR, tra le altre cose, permette alcune interazioni elementari che riescono ad attivare una trasformazione emotiva il cui fine è quello di associare il ricordo di un fattore di stress a sensazioni e sentimenti di sicurezza piuttosto che di paura.
Questo avviene attraverso la ricostruzione di parte della memoria del paziente e l’immersione in un processo interattivo durante il quale la sua memoria dell’esperienza fobica è meglio controllata.
Il VRET (Virtual Reality Exposure Therapy) è, quindi, un trattamento più accessibile e, talvolta, anche divertente, che potrebbe essere molto diffuso in futuro proprio perché la persona non deve essere esposta a fattori di stress reali, i costi sono inferiori, e il soggetto in questione non deve sforzarsi di immaginare la situazione, ma gli basta osservarla. Altro vantaggio della terapia in VR è che l’ambiente e le condizioni potranno essere personalizzate a seconda delle esigenze.
Attualmente, purtroppo, sono ancora pochi i professionisti che fanno uso della tecnologia Phobos per VR e che offrono delle cure ai loro pazienti con questi strumenti, ciò, probabilmente, soltanto a causa dei costi proibitivi che i visori avevano fino a poco tempo fa.
Con Oculus Rift ed altri visori in arrivo sul mercato potrà essere raggiunto un livello di immersività senza precedenti a costi molto più bassi. Sia laboratori che ricercatori, tuttavia, insistono sul fatto che per realizzare la diffusione di ambienti VR con fini terapeutici è necessario superare i seguenti ostacoli: l’accesso limitato alle persone al know-how per creare ambienti virtuali; i tempi limitati fruibili per progettazione e sperimentazione; la scarsa flessibilità che caratterizza il mondo della ricerca. Se ciò fosse superato la creazione di ambienti 3D, di suono e di interfacce utente e metodi di controllo potrebbe aumentare tantissimo.
Rimanendo vicini ai tutti pazienti affetti da tali patologie, possiamo solo augurarci che le nuove tecnologie possano permettere cure migliori, in tempi brevissimi.