Quanto enunciato su in alto, nel titolo, è quello che sta avvenendo ormai da parecchi anni e con apprezzabile spirito d’impresa e passione , ad opera di quell’amante della” buona tavola” e instancabile “giramondo”, che è Carlin Petrini , con Slow Food e Terra Madre,di cui è progenitore e che saranno, insieme, presenti nei prossimi giorni (25-29 ottobre) al Lingotto Fiere e al Oval di Torino, nell’ambito del consueto appuntamento annuale del Salone del Gusto.
Lo slogan di quest’anno è :”Sono i cibi che cambiano il mondo”.
Salute e cibo sano, infatti,da che esiste il mondo,si sa, vanno a braccetto.
E sappiamo anche cosa accade, all’incontrario, quando si assumono,senza neanche pensarci troppo, alcune specie geneticamente modificate.
I famosi “Ogm”, per intenderci, su cui è preferibile cali un silenzio di circostanza proprio per non innescare sterili polemiche al momento che, per leggi stolte di mercato, non portano da nessuna parte.
Gli incontri più autentici e non conflittuali tra genti diverse avvengono per di più,come accadeva fin dall’antichità classica( Omero docet), attraverso la conoscenza reciproca e lo scambio del cibo.
Il “buon” cibo, appunto, da offrire all’ospite.
Sapere coltivare la terra con amore, che poi è ciò che fanno i contadini di Terra Madre a qualunque latitudine, significa, ancora, autosufficienza alimentare dei popoli e anche minore incidenza di guerre sul nostro pianeta.
Le pance piene non questionano,semmai amano.
In Africa, in particolare, di cui si dibatterà e si potrà vedere a Torino, in concreto, la realizzazione di un progetto molto “speciale” (400 mq di varietà vegetali africane) ossia un esempio di quelli appartenenti a “Mille orti in Africa”, sono gli stessi contadini e anche alcuni volontari, che contadini non sono e fanno tutt’altro di mestiere,come ad esempio, Fredrick Wabusima, noto Freddy, un dj radiofonico, che s’impegnano, anche attraverso un mezzo modesto come la radio, a fare rete tra loro, per scambiarsi informazioni e suggerimenti.
Di tutto questo ne tratta ampiamente ,oggi, il quotidiano “Repubblica”, con un articolo - fiume a firma dello stesso Petrini,consultabile anche online, soffermandosi in particolare su alcuni orti in Uganda, che il “nostro” ha avuto modo di visitare di recente.
Si tratta di orti nati nelle scuole, primarie e secondarie, di alcune cittadine dell’Uganda orientale.
Ma non solo quelle. Perché Petrini, con tanta festosità, è stato accolto persino in una scuola dell’infanzia, la materna “BuigaSunrise”, per un Fruit& Juice party.
Così come l’università di Makerere, nella facoltà di agraria, è interessata, attraverso alcuni suoi docenti, ai progetti in questione.
Un successone meritato dall’impegno tenace di Carlin e dei suoi collaboratori certamente.
Ma la cosa più importante di questa esperienza, come lui stesso racconta e che ha potuto constatare in Uganda, è il coinvolgimento delle famiglie degli alunni.
I bambini, i ragazzi o i giovani,dice Petrini, portano i semi da scuola a casa. Parlano e insegnano in questo modo loro stessi, motivati, il da farsi ai propri genitori. E gli adulti eseguono.
Solo in Africa il progetto “Mille orti”, con orti effettivamente realizzati con tecniche tradizionali nelle scuole, nelle periferie urbane e nei villaggi rurali, tutti sostenuti dalla rete Slow Food, esiste in ben 25 Paesi con un coinvolgimento di oltre 1000 comunità. E circa 30mila sono le donne, gli uomini, i bambini, gli insegnanti e i cuochi,che s’impegnano materialmente nella conduzione degli orti.
Inoltre 50 sono ad oggi i coordinatori africani del progetto.
Petrini infine,nel suo articolo conclude sottolineando ,e a giusta ragione, il valore e l’impegno di un’ umanità straordinaria come quella ugandese , in questo caso, capace di realizzare piccole grandi cose anche in modeste comunità locali.
Mentre, sempre nella stessa Africa,nella stessa Uganda, solo qualche chilometro più avanti, c’è chi,invece, con ipocrite quanto edulcorate motivazioni, pratica spudoratamente il land grabbing.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)