La fame (e siamo nel 2013 ) coinvolge nel mondo, attualmente, ancora milioni di persone gettandole, inevitabilmente, in una spirale che è dramma autentico, cui noi non pensiamo mai a sufficienza e sulle conseguenze del quale non ci soffermiamo abbastanza per chi, disgraziatamente, nella sua quotidianità è costretto a subirla una tale condizione.
E’ un enorme problema ma che cela dietro di sé parecchie concause : da quelle storiche, innanzitutto, a quelle culturali, religiose, economiche e politiche.
Sono queste le direttrici lungo le quali scomodarsi ad andare per indagare , comprendere e attuare, con buona volontà, un possibile cambio di rotta.
Un garbuglio difficile da districare ,certamente, ma sul quale l’impegno di tutti non deve cedere il passo ad una scrollatina di spalle e/o ad un’apatica resa.
Quello che è certo è che se la fame nel mondo permane,ancora oggi, essa è il segnale allarmante di un mondo parecchio disumano.
Un mondo che ha cancellato dal proprio vissuto la parola fraternità, sostituendola con ambizione smodata, competitività ad ogni costo, arrivismo e, quel che è peggio, un falso concetto di giustizia.
Infatti , se pochi hanno molto e molti hanno poco o addirittura niente (oggi, in piena crisi politica ed economica anche in Italia lo tocchiamo ogni giorno con mano tantissime sono le povertà dignitose, che spesso per pudore non fanno notizia ma ci sono) occorre, specie se ci diciamo cristiani, interrogarci e, poi, passare possibilmente al “fare”.
E il “fare” significa impegno personale, come ciascuno può e sa profondere, per contribuire a rendere il mondo un pezzettino migliore.
Nessuna richiesta, insomma, da luna nel pozzo.
La fame è provocazione alla fede ed è chiaro che non può lasciarci dormire sonni tranquilli.
E’ provocazione, in particolare, alla “missione” che Gesù, con la sua testimonianza, duemila anni fa e più, ha assegnato a tutti e a ciascuno per la costruzione di un mondo in cui tutti,ma proprio tutti, abbiano pari dignità.
E noi, invece, l’abbiamo dimenticato.
Se non siamo cristiani e credenti, poco male.
Qualcuno, qualche secolo fa (e costui, che pare avesse anche un suo discreto seguito, ed è anche vicinissimo a noi nel tempo rispetto alla testimonianza di Cristo di due millenni fa) ci ha detto e ripetuto dalle pagine dei suoi scritti, più e più volte e per differenti generazioni : "A ciascuno secondo i suoi bisogni".
E' solo, infatti, una questione di pura e semplice "giustizia".
La Terra (il pianeta) appartiene a tutti.E così i suoi frutti.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)