Piangere aiuta a crescere.Ma se a piangere è un ometto di soli tre anni al quale è stata negata una coccola perche “guarda che in classe ci sono ventisette bambini” non è costruttivo, a mio parere è distruttivo. Ma il mio parere è quello di una mamma ferita nel cuore del suo senso di colpa.Perché il piccolo uomo può forse fare un conto che gli permette di capire che ogni insegnante ha da gestire oltre tredici bambini? Può forse capire che il calore di un abbraccio in quel momento non può essere dato perché la priorità è quella di coordinare un gruppo? E allora il tutto diventa un azione che fa piangere e fa capire che siamo un numero. Un numero ci viene attribuito nel momento in cui emettiamo il primo gemito in questo mondo che si crede così colto. Ci concedono un numero nella lista del nido e della scuola materna. Alle elementari tutto quello che impariamo è catalogato con codici. Rimaniamo una cifra da adulti. Il mio sette è impresso sul badge che mi fa entrare nel mondo del lavoro.E tristemente incasso il racconto, dell’insegnante,del tuo pianto disperato in un momento debole di ricerca di amore. Un piccolo attimo sarebbe bastato, io ti conosco, un breve stritolamento del tuo corpo e sarebbe tornato il sorriso. Ma così non è stato. E tu sei cresciuto ancora un po’, quel poco che basta per far perdere a me un pezzetto di cuore per non esserci stata.Perdonami.Ora piango io ma non cresco per questo, maturo solo la consapevolezza della brutalità del nostro mondo che ci allontana nel momento in cui dovremmo essere insieme. Share