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Pianisti…che passione!

Creato il 01 aprile 2014 da Rodolfo Monacelli @CorrettaInforma

All’ammirazione per i pianisti fa da contrappunto un inspiegabile disinteresse per il Museo Nazionale degli Strumenti Musicali

pianisti Pianisti...che passione!

Il mese di marzo è stato dedicato agli appassionati di musica classica, poiché ha ospitato i concerti di  importanti pianisti. Il giorno 11 marzo, nell’Aula Magna dell’ Università di RomaLa Sapienza‘ (per iniziativa dell’Istituzione Universitaria Concerti)  ha fatto il suo ingresso la venezuelana Gabriela Montero, conosciuta per aver suonato nel 2008 alla Casa Bianca, in occasione della cerimonia di insediamento di Barack Obama.

La Montero, che ha ricevuto importanti riconoscimenti per il suo contributo alle arti (come il Rockefeller Award nel 2012) è nata nel 1970 a Caracas, e si è esibita per la prima volta in pubblico a soli cinque anni. Tre anni dopo ha ricevuto una borsa di studio dal governo venezuelano per perfezionarsi negli Stati Uniti, dove risiede ancora oggi. Gabriela Montero è particolarmente nota per le sue improvvisazioni, una dote straordinaria che ha tenuto nascosta per molti anni, poiché la riteneva inconciliabile con quell’ impostazione classica che si addice ad una musicista ‘seria‘. Fu solo grazie all’ incoraggiamento della pianista argentina Martha Argerich, che la Montero decise di improvvisare nei suoi concerti. In questo frangente l’artista crea una speciale forma di comunicazione col pubblico, al quale si rivolge per avere suggerimenti in merito. Nel concerto capitolino dell’11 marzo, ad esempio, la Montero ha improvvisato sull’ ‘Amen di Dresda‘ ripreso da Wagner nel Parsifal, sulle note di ‘Va pensiero‘ di Giuseppe Verdi, ma anche sul ritornello della popolare canzone ‘Bella ciao‘ (proposta avanzata da un bambino in prima fila) e anche sul tema astratto della pace.

Assai suggestiva l’ultima improvvisazione, dedicata al Venezuela. La pianista ha spiegato come le sia impossibile separare la sua arte dal dispiacere che prova per le lacerazioni politiche del suo paese. Uno speciale pensiero è andato a chi ha sacrificato la vita per un ideale, e il suo discorso é stato accompagnato da una bandiera sventolata nell’ accademica aula, sulla quale troneggia la frase: ‘Doctrinae studium vitam producit et auget immortalis eris si sapias iuvenis‘ (‘Lo studio di una dottrina allunga ed arricchisce la vita; sarai immortale se conosci, o giovane’). Gabriela Montero si è quindi riferita alla crisi venezuelana che sussiste anche dopo l’elezione, avvenuta lo scorso anno, del designato successore di Hugo Chavez,  il presidente Nicolas Maduro. Quest’ultimo ha di recente annunciato che interromperà le relazioni con Panama per via della subordinazione che questo stato avrebbe nei confronti degli Stati Uniti, che per il leader venezuelano rappresentano una mentalità globalizzata ed imperialista. Maduro ha definito il presidente di Panama, Ricardo Martinelli, come ‘un servo strisciante che non rappresenta il suo popolo‘ (Giornale.it, 6 marzo 2014, articolo di Orlando Sacchelli). Tuttavia, a sua volta, Maduro sarebbe stato bacchettato dall’ ONU, per via di ‘detenzioni arbitrarie ed eccessivo uso di violenza nei riguardi di dimostranti e giornalisti‘. La sua politica ha infatti suscitato accese reazioni di protesta nel paese, soprattutto da parte delle organizzazioni studentesche.

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La pianista Gabriela Montero ha anche eseguito la Fantasia in do maggiore op. 17  di Robert Schumann, composta del 1836. Questo brano musicale venne composto in occasione della raccolta fondi per un monumento a Beethoven, ma trae anche ispirazione dalla scintilla autobiografica dell’amore ostacolato per Clara Wiec, sua futura moglie. I versi di Friedrich Schlegel che lo stesso musicista scrisse in testa a questa composizione, servono come orientamento interpretativo: ‘Attraverso tutti i suoni risuona nel variopinto sogno terrestre/ un solo suono leggero per colui che segretamente ascolta‘. La ‘fantasia‘, in campo musicale, vanta una tradizione che parte da Wolfgang Amadeus Mozart e indica un qualcosa di imprevedibile, di frammentario, che tende a oltrepassare il limite della ragione, in una continua tensione verso ciò che il filosofo settecentesco Immanuel Kant definiva ‘senso del sublime‘. Non a caso in tedesco il verbo ‘phantasieren‘ significa anche ‘improvvisare con uno strumento‘, e quindi un qualcosa che va oltre il pensiero cosiddetto ‘architettonico‘. La Montero ha poi suonato i Tre intermezzi op 17 di Johannes Brahms, che risalgono al 1892 e che, ponendosi in un’epoca che ha già una solida tradizione musicale alle spalle, ha un carattere più nostalgicamente ancorato a un passato che è tuttavia in continua evoluzione.

Accanto al concerto di Gabriela Montero, è in corso anche un altro importante evento, ‘Piano Solo Tour 2014‘, ovvero la tournée di Giovanni Allevi, il popolare pianista (accostare questi due ultimi termini sembra quasi un poetico ossimoro), che farà tappa in diverse città italiane. Allevi si è diplomato al conservatorio sia in pianoforte (a Perugia) che in composizione (a Milano) ed ha anche conseguito una laurea in filosofia nel 1998. Figlio di genitori musicisti, si avvicina in sordina al pianoforte, e all’età dieci anni, durante una recita scolastica, esegue magistralmente un brano di Chopin. Le sue composizioni rimangono a lungo chiuse in un cassetto, finché nel 1997 Giovanni Cherubini (in arte Jovanotti) decide

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di pubblicare il suo primo album (intitolato ‘13 Dita‘) ed anche di riservagli uno spazio nei suoi concerti. Nel giro di pochi anni il ‘fenomeno Allevi‘ si diffonde in tutto il mondo, facendo il ‘sold out‘ tanto a New York e a Montreal, quanto ad Hong-Kong e a Sarajevo. Il suo album ‘Joy‘, del 2006, vende centomila copie, e la milanese piazza del Duomo accoglie oltre cinquantamila spettatori nel concerto del 2008. Quello stesso anno lo vede impegnato anche come direttore d’orchestra e scrittore per la casa editrice Rizzoli. Il capelluto musicista (nominato Cavaliere della Repubblica dal presidente Giorgio Napolitano), seppur molto amato da un variegato pubblico, ha parecchi detrattori tra gli esperti del settore (le dichiarazioni del violinista Uto Ughi o del pianista iraniano Ramin Bahrami ne sono un esempio), che lo ritengono, nonostante la sua formazione, una mera operazione di marketing, un presuntuoso megalomane. L’anti-conformista Allevi è senza dubbio stato più fortunato di tanti geni ancora incompresi, come ad esempio il pianista Giovanni Bomoll, che con la sua melodia celestiale spopola su you tube ma non ha ancora avuto una vera occasione per affrancarsi dalla sua situazione di artista emergente.

All’interesse per i pianisti (oltre ad Allevi, anche il fenomeno Ludovico Einaudi è a tutti ben noto) fa da contrappunto un Museo Nazionale degli Strumenti Musicali che, pur essendo il maggiore in Europa per il pregio degli esemplari conservati, è pur tuttavia uno dei meno conosciuti e frequentati, e questo anche se si trova nei paraggi della turistica Basilica di Santa Croce in Gerusalemme a Roma. Inaugurato nel 1974, il museo è posto nella palazzina Samoggia, facente parte dell’ex caserma ‘Principe di Piemonte‘, circondata da un’area verde, che nasconde i resti archeologici del Circo di Eliogabalo, l’ imperatore romano (regnante col nome di Marco Aurelio Antonino) che venne ucciso dalla guardia pretoriana a diciotto anni, forse perché aveva introdotto il culto siriano del dio solare (Sol invictus) al posto di quello di Giove, signore indiscusso del pantheon romano.

La maggior parte degli strumenti deriva dalla collezione privata di Evan Gorga, un tenore italiano, nato nel 1865 e primo interprete di Rodolfo nella Bohéme di Puccini. Evan Gorga aveva ben tremila strumenti musicali (oltre ad altri oggetti, come terracotte, giocattoli e bilance di precisione) stipati in una serie di appartamenti a Via Cola di Rienzo 285, che divennero proprietà dello stato italiano nel 1949. Trovare una sede adatta per questi preziosi reperti non fu affatto semplice, ma grazie all’intervento di alcuni personaggi illustri, come ad esempio la Professoressa Maria Luisa Cervelli, fu possibile anche restaurarli e catalogarli sistematicamente. La signora Rosetta, addetta all’accoglienza e al controllo delle varie sale, e che conosce ogni minimo dettaglio delle opere esposte, mi spiega che presto un’altra parte del museo, che è stato di recente ristrutturato, verrà aperta al pubblico. Aggiunge che molti di questi strumenti sono perfettamente funzionanti, e in speciali occasioni vengono tuttora suonati, al fine di riprodurre con assoluta fedeltà le composizioni degli artisti dell’epoca. Ai reperti attualmente esposti, che al momento sono circa ottocento, se ne aggiungeranno quindi molti altri, snodandosi in un arco cronologico assai ampio, dall’epoca tardo-ellenistica fino al ventesimo secolo. Fra i preziosi pezzi di questo museo non si puo’ non menzionare, oltre all’arpa Barberini, anche il pianoforte costruito nel 1722 dal padovano Bartolomeo Cristofori, che fu l’inventore di questo strumento musicale.

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Ricordiamo anche una suggestiva serie di clavicembali (come quello in legno laccato e dorato con tritoni e nereidi), uno strumento che si distingue dal pianoforte poiché le corde non vengono percosse, ma pizzicate. Il primo clavicembalo fu costruito a Roma da Gerolamo Bolognese nel 1521, ed é conservato nel londinese Victoria and Albert Museum. L’abilità italiana per questo strumento, che era leggero e facilmente trasportabile, non si esprimeva solo a livello decorativo (ad esempio con filettature in madreperla, argento ed ebano), ma anche tecnico, cosicché fu prodotto per esperimento l’archicembalo (conservato nel Museo Civico di Bologna), in base al quale la suddivisione tonale dell’ottava venne ulteriormente ripartita. Del clavicembalo esiste anche la versione fiamminga, francese e tedesca. Il museo espone anche un claviciterio (la versione ‘verticale‘ del clavicembalo) e altri rari pianoforti rettangolari del XVIII secolo.

Tornando comunque alla fase iniziale del percorso, spicca una statuetta di terracotta che rappresenta un suonatore di cetra del V secolo avanti Cristo, accanto a un corno risalente alla stessa epoca. Vi sono anche l’oboe cinese, il koto a corda giapponese, le chitarre spagnole, una tromba del 1461, i cornamuti cinquecenteschi di Weier, nonché alcuni strumenti che appartenevano al compositore Benedetto Marcello (che visse fra il Seicento ed il Settecento, e al quale è dedicato il Conservatorio di Venezia). Vi é poi lo spazio dedicato alla musica itinerante (con violini, strumenti pieghevoli, lire-chitarre, oggetti precursori della fisarmonica), alla musica militare (con percussioni e fiati per le bande), alla musica in chiesa (con campane ed organi), alla musica in casa (con una curiosa ‘glassarmonica‘, ovvero un’armonica composta da bicchieri, oltre ai carrilon e alle scatole musicali). Fra tante meraviglie, esiste perfino un laboratorio, che mostra le varie fasi artigianali per la costruzione del cembalo.




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