"Oggi - scrive Bianconi -, un anno e quattro mesi dopo, i detenuti sono 67.648 (dato rilevato al 4 aprile dall`associazione A buon diritto), cioè 2.658 in più rispetto al numero per cui la situazione fu accostata a una calamità. E i posti in più? Pochi, pochissimi. C`è chi dice duemila, con un`approssimazione probabilmente per eccesso, ma sarebbe comunque una cifra inferiore all`incremento degli «ospiti». Dunque la realtà è peggiorata.
Ma non solo per la crescita dei detenuti. Parte delle nuove prigioni che si è riusciti a costruire sono vuote perché mancano i soldi per metterle in funzione. E soprattutto manca il personale della polizia penitenziaria. Sempre nel gennaio 2010 il ministro della Giustizia Alfano dichiarò che a breve sarebbero entrati in servizio altri duemila agenti. A luglio ribadì la promessa, abbassando i reclutamenti «in prima battuta» a mille. Sono passati altri nove mesi, e ancora si attende l`ingresso delle nuove guardie carcerarie. Quando arriveranno, paventa qualcuno, saranno meno di quelle che nel frattempo hanno lasciato il servizio per raggiunta pensione o altri motivi. Sono i numeri di una crisi che l`annunciato impegno del governo non è riuscito a scalfire. Di cui la politica generalmente si disinteressa - a parte il costante impegno dei radicali e pochi altri esponenti sparsi nei diversi partiti -, ma che continua a lasciare i detenuti italiani in condizioni di vivibilità al limite della sopportazione".
La politica è sorda anche ai suoi stessi proclami e così mentre, noi viviamo in una logica fatta di annunci, qualcun altro muore in condizioni di inciviltà. Come se la morte dentro una cella sia la più naturale fra le pene accessorie. Questa è l'Italia, ha 150 di battaglie civili, ma è come se fosse nata ieri.