Periodicamente vengo travolta da una frenesia congenita, una voglia insaziabile di realizzare un’idea sconclusionata, un bisogno vitale di concentrarmi su attività inutili, spesso faticose,che mi fanno perdere il sonno e il tempo. È come quando mi accanisco su una macchiolina invisibile e indelebile sul tavolo della cucina, quando intorno a me cadono pezzi di intonaco dal soffitto e le ragazze marciano su cumuli di pattume dalla natura sospetta. Le conclusioni possibili sono due: un enorme fallimento, che supero ripiegando con nonchalance su un’altra attività, o la vittoriosa realizzazione, non senza l’ausilio coatto delle persone che loro malgrado, continuano a gravitare intorno a me.
Ovviamente queste fasi si alternato a giornate di abulia totale, in cui la mia unica attività è aggiornare pigra la pagina di yahoo. Ma questa è un’altra storia.
Ad esempio, feste di compleanno della prole: cosa possono pretendere due bambine che in due hanno 4 anni? Al peggio, qualche pizzetta da spiaccicare sul divano e due lingue di Menelick sfigate.
E invece no.
Io devo preparare tutto, dai panini con la pasta madre, ai festoni in carta riciclata, ai palloncini a forma di dromedario.
Quindi devo: capire cosa sia la pasta madre, iniziare a riciclare la carta, guardare tutorial di animatori senza mestiereche si accaniscono sui palloncini su youtube. Tutto ciò, un paio di giorni prima della festa, con 60 invitati.
Dopo lo sforzo sovraumano, dopo ore trascorse su pinterest con mia sorella in diretta telefonica 24 ore su 24, dopo che ho costretto le bambine a realizzare fiori in pasta di zucchero (sfruttando le loro falangi piccole e scattanti), io alla festa mi faccio anche due palle tante.
Continuo?
Continuo.
Il pianoforte tinto di azzurro cielo. Per mesi l’ho cercato per tutta Napoli; ho studiato nei minimi dettagli le fasi della restaurazione (Barbara Gulienetti mi è apparsa in sogno varie volte); ho cercato di imparare a strimpellarlo, pigiando i tasti immaginari nell’aere; alla fine l’ho trovato, l’ho guardato, l’ho amato, ho detto sì, sarai mio per tutta la vita…e poi non so che cosa è successo, ma il pianoforte sta ancora lì, all’ottavo piano di un appartamento a via Ugo Niutta. Aspetto che venga da me, planando su un tappeto volante.
Sarà che un nuovo progetto si è insinuato tra le mie meningi.
Ho deciso di costruire un baldacchino in camera da letto e di rivestire le poltroncine bianche tremendamente ikea con tessuti boho chic.
È sì perché non c’è casa con pianoforte, senza baldacchino sul letto.
Ora è sabato mattina e sto per comunicare ai miei prossimi congiunti che devono mollare computer e bambolotti, vestirsi a tutta velocità e accompagnarmi in giro perla città alla ricerca di tessuti damascati fucsia e turchesi.
E nonostante tutto, loro continuano ad amarmi.