Insomma, non si finisce più.
Mentre dal web veniamo inondati di immagini devastanti e di notizie che riempiono il cuore di paura, angoscia, senso di totale impotenza davanti all'unico fenomeno naturale che non si può controllare, ci si interroga se davvero la pianura Padana non sia una zona ad alto rischio sismico, cosa che finora è stata fermamente negata, o quanto meno minimizzata. Eppure, le terribili sciagure che ci stanno colpendo dimostrano, inequivocabilmente, la veridicità di queste "ipotesi".
A dare maggior credito a questa ipotesi è la lettera di Raffaele Mambello, storico dell'arte che ha scritto a un giornale locale (il Mattino di Padova) e che ringrazio di tutto cuore per l'importante testimonianza che ha fornito con le sue parole.
TERREMOTI AL NORD Novencento anni fa un disastro storico.
Il 3 gennaio 1117 il nord Italia fu colpito da un terremoto particolarmente distruttivo (oltre il 7° grado della scala Mercalli). Probabilmente i danni sono stati anche maggiori, dato che è stato calcolato che il disastro ebbe un'intensità sulla magnitudo pari a 6,4. L'epicentro della prima devastante scossa sarebbe stato localizzato nel Veronese, presso Ronco all'Adige, con la città capoluogo fortemente danneggiata. A Verona, infatti, cadde la recinzione esterna dell'Arena, lasciandone una porzione che fu poi danneggiata ulteriormente da un successivo terremoto (1183), creando l'attuale suggestiva forma dell'Arena con la sua "ala". Quasi tutte le chiese, i monasteri e i monumenti furono distrutti o seriamente danneggiati, tanto da eliminare dalla città le testimonianze alto-medievali. Questo fatto, però, ha lasciato lo spazio per una forte diffusione del romanico, stile sul quale ci si è basati per la ricostruzione. Il sisma si fece sentire in tutta l'alta Italia da Cividale a Pavia, nel Pisano e addirittura in Svizzera. L'area di massima distruzione viene individuata in quella Veronese, duramente colpite risultano anche l'area tra il Lago di Garda e Padova (distrutti molti edifici di pregio, tra cui la vecchia Basilica di Santa Giustina). In laguna l'antica città di Malamocco è rasa al suolo. I pesanti effetti del sisma si fecero sentire in tutta l'area medio-padana dal Milanese al mare Adriatico. Da documentazioni del tempo sembrerebbe che il sisma fosse stato avvertito anche nei monasteri di Montecassino e di Reims in Francia. I danni, oltre che a Verona, si concentrarono a Milano, Bergamo, Brescia, Venezia, Treviso, Padova, Modena, Pavia, Parma e Cremona e si ipotizzano almeno 30 mila morti.
Al primo terremoto seguì uno sciame sismico di oltre 40 giorni. L'episodio del sisma è riportato dalla cronaca di Landolfo Iuniore, in cui si dice che le riunioni sinodali si svolgevano all'aperto, mentre moltissime sono le menzioni nelle cronache successive.
L'epicentro dei terremoti successivi a quello del 3 gennaio si spostò in Lombardia, dove si verificarono forti scosse di assestamento per tutto il 1117: 12 gennaio, 4 giugno, 1° luglio, 1° ottobre e 30 dicembre. La ricostruzione fu in quasi tutte le città rapida e frenetica, soprattutto valutanto l’epoca degli eventi e le tecniche di costruzione. E contribuì a modificare, talvolta in maniera radicale, le piante urbane di diverse città, determinando un forte distacco fra l'alto medioevo e i periodi successivi.
La storia insegna, la storia testimonia quel che sapevamo ormai da tempo, la pianura padana E' ZONA SISMICA!
Inoltre, come riporta www.adnkronos.com, Alessandro Michetti, docente di Geologia al Dipartimento di scienza e alta tecnologia (Dsta) dell'università dell'Insubria di Varese, in Pianura Padana, con i dati oggi in nostro possesso, possiamo escludere il verificarsi di terremoti di Magnitudo superiore a 7. Ma nello stesso tempo, non possiamo escludere nell'area epicentrale del terremoto di ieri notte scosse di Magnitudo intorno a 6.0-6.5, e quindi intensita' del IX grado MCS (Mercalli-Cancani-Sieberg).
Eppure... da unonotizie.it apprendiamo che il terremoto che si è verificato tra le provincie di Modena, Parma e Ferrara, rientra chiaramente nella fase evolutiva della geologia del Nord Italia. L'evoluzione geologica dell'Appennino emiliano-romagnolo, che si estende anche sotto la pianura, nascosto da depositi di sedimenti portati dal Po e dai fiumi ad esso affluenti si inquadra all'ultimo dei grandi fenomeni geologici che ha portato anche alla nascita di una parte delle Alpi.
L'Appennino è una catena a "falde", ossia composta da grandi pieghe che hanno coinvolto potenti pacchi di strati, che si è formata in un arco di tempo che dal Cretaceo si spinge fino ai nostri giorni. In questo arco di tempo s'è verificata la collisione tra due blocchi di crosta terrestre (o meglio di litosfera): tra quella cioè che viene chiamata zolla europea (o sardo-corsa), e la piccola placca Padano-Adriatica (o Adria). Non è facile comprendere dove erano queste due zolle, tuttavia si pensi che la Sardegna e la Corsica un tempo erano attaccate alla Francia e ad un certo punto sono "scivolate" verso la loro posizione attuale. Queste due isole formano la zolla sardo-corsa.
La placca Padano - Adriatica invece, era la punta più avanzata dell'Africa. Il processo di collisione tra queste due zolle continentali è stato preceduto dalla chiusura di un'area oceanica che era presente tra di esse: era l'oceano ligure o ligure - piemontese che faceva parte della Tetide. La catena appenninica deriva così dalla complessa deformazione dei sedimenti deposti durante questa evoluzione. Oggi i geologi parlano di "Dominio ligure", per definire i sedimenti che si depositarono nell'area oceanica, di "Dominio epiligure", per quei sedimenti che a partire dall'Eocene medio (circa 40 milioni di anni fa) sono stati sottoposti a "compressioni" molto forti, di "Dominio subligure", che corrisponde alla crosta africana adiacente alla zona oceanica e di Dominio tosco-umbro, di pertinenza africana.
Alla fine del processo di deformazione i sedimenti di questi domini risultano notevolmente spostati rispetto al luogo ove si sono formati e si sono in gran parte sovrapposti in modo assai complesso. Dal Messiniano, ossia da circa 7 milioni di anni fa, in poi anche le zone esterne della catena e l'area padana sono coinvolte nelle fasi deformative. La progressiva migrazione delle falde verso est provoca una profonda deformazione anche nell'area padana, che continua ancora ai nostri giorni.
E quindi, ecco i terremoti... che continueranno...e non ci possiamo fare proprio nulla...