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Piazza Tahrir, gli intellettuali egiziani e una riflessione sul libro. Non è mica la fine del mondo!

Creato il 21 dicembre 2012 da Chiarac @claire_com_
Le_voci_di_Piazza_Tahrir_-_Locandina

Foto di copertina di E. Castaldo “piazza Tahrir a gennaio 2011″

Ieri sera sono stata alla presentazione del libro-documento “Le voci di piazza Tahrir. Scrittori, artisti, bloggers raccontano la primavera egiziana fra speranze e disillusione” (ed. Poiesis, 2012; pp. 234, € 15), scritto da Vincenzo Mattei, un giornalista freelance giovane e molto in gamba, che è anche scrittore e blogger e che dal 2006 vive al Cairo.

A conversare con l’autore c’era Franco Rizzi, docente di Storia dell’Europa e del Mediterraneo a Roma Tre, autore di due volumi sulle rivolte arabe e segretario di UNIMED, l’associazione che riunisce le università del mare nostrum e che ha curato l’organizzazione della serata. Il Professore ha inquadrato la rivoluzione egiziana nell’ambito di un movimento rivoluzionario più ampio che, ha detto, da circa due anni si aggira in tutto il mondo come uno spettro. Non ha risparmiato una critica all’Occidente e ai mass media colpevoli di aver sotto-rappresentato le rivoluzioni arabe: il primo, rimasto silente allo scoppio della primavera araba, perchè sprovvisto delle categorie mentali ed interpretative adatte per capire il nuovo fenomento che si era presentato sotto gli occhi esterrefatti di leader che per decenni avevano appoggiato le scelte dei regimi arabi “moderati”. I secondi, perchè incapaci di raccontare con uno sguardo nuovo, e scevro dalle ormai stantie categorie orientalisticheggianti, quanto stava capitando sulla sponda sud del Mediterraneo.

Tornando al libro, lo trovo molto interessante perchè a parlare, attraverso le interviste fatte dall’autore, è quel ceto di intellettuali che ha ispirato la rivoluzione del 2011: i giovani, gli attivisti dei movimenti come Kifaya, i blogger che da anni occupavano virtualmente la rete e i social network, ma anche artisti, come pittori e registi, che per lungo tempo erano stati assenti dalla società civile egiziana perchè mal visti dal regime di Mubarak.

L’autore ne ha intervistati molti tra cui: la pittrice Shayma Kamel, il disegnatore Mohamed Shannawi, i registi Tamer El Said, Ahmed Abdallah e Ibrahim el Batout (vincitore del Festival di Taormina del 2008), il pittore Mohamed Abla, lo scrittore Alaa al Aswani, il graffitista Mohamed Fahmi, il blogger Hossam El Hamalawy e la giovanissima attivista Lobna Darwish. Tra le interviste ai politici spicca invece quella fatta a Mohamed Morsi, che all’epoca dell’intervista non era ancora Presidente…

Non ho ancora letto il libro perchè l’ho comprato solo ieri sera. Quindi per ora accontentavi di questo brevissimo video in cui l’autore lo presenta brevemente e parla dell’Egitto di oggi, alle prese con i Fratelli Musulmani e il referendum costituzionale che si sta svolgendo proprio in queste settimane.

Più che vedere il video vi consiglio di ascoltarlo: la sala era piuttosto buia ed è quindi venuto scuro anche il video, ma quello che dice Vincenzo Mattei (che tra l’altro è una persona estremamente cordiale e simpatica) è molto interessante.

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Piccola nota polemica: ieri sera il pubblico si contava sulle dita di due mani. E vabbene, l’autore è in tour in Italia già da un po’ e a Roma il libro era già stato presentato un paio di volte, se non sbaglio. Poi siamo sotto Natale, Roma è soggetta alle crudeli leggi del traffico, soprattutto nel centro storico, etc. etc.

Ma il discorso potremmo ampliarlo e dire la verità nuda e cruda: le persone non vanno alle presentazioni dei libri. O se ci vanno, sono sempre poche (poche ma buone, eh).

Perchè? Cosa si può fare? Qual è l’algoritmo da risolvere? Quale equazione possiamo inventarci per convincere più persone a partecipare agli eventi culturali? Quale stratagemma dovremmo usare noi, organizzatori di presentazioni librarie, per attirare più persone? Ormai le librerie e le associazioni si inventano di tutto: offrono aperitivi, brunch biologici, regalano libri, propongono giochi a premio, organizzano intermezzi musicali. Tutto va bene pur di ampliare la platea del pubblico. Bisogna allettare le persone solleticando anche gli altri sensi, oltre alla vista.

Il libro, da solo, non basta più? È il lento ma inesorabile declino della parola scritta quello a cui stiamo assistendo? Spero vivamente che non sia così, altrimenti sì che sarebbe la fine del mondo!

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Con questa amara chiosa vi saluto per un po’. Ci rivediamo ad inizio anno, inshallah.

Buone feste a tutti,

Chiara


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